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La Grotta di Diana rinasce a Villa d’Este: arte e natura di un gioiello ritrovato
Dopo cinquant’anni di chiusura e un restauro curato da VILLÆ con il sostegno di FENDI, riapre al pubblico il ninfeo cinquecentesco dove arte, natura e mito si fondono in uno spazio di meraviglia e contemplazione
Autore: cecilia di marzo
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Foto Andrea Concordia, courtesy of Fendi Group Foto Andrea Concordia, courtesy of Fendi Group
28/05/2025 - Il 5 maggio scorso, dopo circa mezzo secolo di chiusura al pubblico e due anni di restauro, ha riaperto a Villa d’Este la Grotta di Diana
La Grotta è stata restituita alla fruizione pubblica grazie all’impegno dell’Istituto autonomo Villa Adriana e Villa d’Este - VILLÆ di Tivoli nella valorizzazione del proprio patrimonio e all’opera di mecenatismo di FENDI, il tutto sotto l’egida del Ministero della Cultura.
 
Realizzata tra il 1570 e il 1572 da un’ampia equipe di maestranze e collocata a ridosso del Palazzo di Ippolito d’Este, la Grotta di Diana - dopo la chiusura avvenuta probabilmente negli anni Ottanta del Novecento - torna ad essere parte viva all’interno della Villa, dopo un attento percorso di ricerca, restauro e valorizzazione iniziato nel 2023.
 
Il progetto restituisce uno spazio che racconta la storia di un luogo in cui arte e natura si fondono in perfetta armonia.
 
La Grotta di Diana
La Grotta di Diana è collocata nella parte alta del giardino di Villa d’Este, sotto la Loggia dei Venti, e l’accesso principale è posizionato lungo la Passeggiata del Cardinale.
L’ambiente a croce è articolato in uno spazio centrale con volta a crociera e grandi cariatidi canefore, un’ampia nicchia con scogliera e fontana, e tre bracci: il primo, con funzione di atrio, due nicchie a parete e volta a botte; il secondo, a sinistra, mostra due bassorilievi e, nel fondo, una nicchia con scogliera e fontana; il terzo, a destra con volta a botte, presenta due grandi bassorilievi ai lati e nel fondo un’apertura che conduce a una loggia aperta verso Roma.
Dalla loggia, una scala a doppio ferro di cavallo porta sopra alla Loggia dei Venti e a una piccola terrazza da cui si gode un’ampia vista: dal Soratte ai monti intorno a Tivoli, fino ai Castelli Romani; mentre la Città eterna è fulcro e baricentro di questo raro panorama.

Il ciclo decorativo
Il ciclo decorativo della Grotta presenta un ricco apparato, formato da un enorme mosaico rustico policromo e polimaterico con conchiglie, paste vitree, pietre semipreziose, frammenti lapidei e tartari, su tutta la superficie dell’ambiente.
Un gran numero di materiali fusi tra loro fa risaltare la resa luministica, permettendo variazioni di tono che contribuiscono a dare profondità e movimento alle superfici, come ad esempio alle onde delle scene marine sul soffitto.
L’insieme è reso ancor più ricco dalle due diverse pavimentazioni: la prima, in terracotta invetriata, con mattonelle esagonali con file alternate di aquile, pomi e gigli estensi, unite a formelle più piccole con varie raffigurazioni; la seconda, nella loggia formata da elementi quadrati in cotto beige e marrone.
La ricchezza dei materiali segue la complessità del ciclo decorativo: sulle volte scene marine di Tritoni e Nereidi – ispirate alle immagini antiche e probabilmente legate a Villa Adriana –, mentre sulle pareti e sugli ovali, i soggetti derivavano soprattutto dalle Metamorfosi di Ovidio.
Sei cariatidi canefore – di cui due andate perse – portano sul capo un cesto pieno di frutti dorati e al centro della volta un’aquila bianca, simbolo della famiglia d’Este.
In origine il ninfeo era caratterizzato da quattro sculture antiche: due amazzoni nelle nicchie di ingresso, Minerva nella fontana rustica minore, Diana nella fontana rustica maggiore.
In tutto le scene figurate sono undici: di queste, una è andata perduta e rimane allo stato preparatorio, un’altra è in fase di individuazione.
Le nove rimaste, perfettamente leggibili, sono legate al poema ovidiano, che svolgeva un ruolo centrale, non solo come fonte poetica, ma anche iconografica.

Gli interventi
Gli interventi passati stratificatisi nel tempo hanno lasciato un’impronta significativa sul ninfeo, influenzando non solo la sua conservazione, ma anche la lettura della sua estetica originaria.
Le analisi diagnostiche preliminari, condotte su campioni e attraverso un esame autoptico delle superfici, hanno confermato il precario stato di conservazione: i materiali risultavano gravemente compromessi; le sculture a tutto tondo mostravano lacune con gli strati sottostanti di malta e gli elementi metallici di supporto ossidati; i materiali decorativi, delicati e vulnerabili, risultavano esposti a rapido deterioramento per le condizioni ambientali; i mosaici e le tessere vitree palesavano segni di degrado; la pavimentazione in ceramica appariva in un discreto stato di conservazione, nonostante fosse stata soggetta a calpestio continuo fino alla chiusura, avvenuta probabilmente negli anni Ottanta del Novecento.
 
Nel corso degli ultimi due anni, a partire dalla Primavera del 2023, gli interventi conservativi sono stati pensati per recuperare tutti gli elementi peculiari della Grotta, non limitandosi alla salvaguardia degli apparati decorativi interni, ma trattando ogni aspetto del ninfeo, comprese le strutture architettoniche che svolgono da sostruzione ai prospetti esterni, esposti all’incessante azione degli agenti atmosferici. Oltre alla conservazione, il restauro ha avuto come obiettivo la valorizzazione, restituendo la Grotta pienamente alla fruizione.
 
Inoltre, una delle operazioni più significative ha riguardato l’installazione di una vetrata nella loggia affacciata su Roma, una soluzione pensata per proteggere la Grotta dal vento, che nel corso dei secoli ha contribuito all’erosione dei materiali più delicati.
Infine, l’illuminazione è stata pensata non come mero intervento tecnico, ma come elemento di riscoperta capace di restituire il fascino dello scorrere del tempo, sottolineando la natura intrinseca della Grotta come spazio di meraviglia e contemplazione, dove il passato e il presente si incontrano in un dialogo di forme, ombre e riflessi.
 
“Anche questo intervento si propone di esplorare e decodificare le infinite suggestioni di Villa d’Este, mettendo in luce come questo luogo continui a emanare la sua magnificente bellezza, rivelando a tratti il sofisticato progetto culturale e spirituale che ne fu alla base.
Dischiudere le palpebre serrate di marmo, di pasoliniana memoria, è l’obiettivo di questa nuova scoperta della Grotta di Diana che, non rassegnandosi alla perdita e all’oblio, fa sì che il patrimonio torni disponibile a una nuova avventura della conoscenza per la collettività.
La storia dell’arte, così come la nascita di uno spazio volto alla condivisione estetica da parte della collettività, si nutre di questo, riconfigurando presente e passato.
Il nucleo di una dimensione esteticamente totalizzante risponde a una necessità di disvelamento del valore dell’opera, trascolorando dalla fruizione privata alla valenza pubblica, da un piacere individuale o per pochi, a un atto concreto di generosità, volto a una condivisione di bellezza grazie al sentito supporto di Fendi” - dichiara Andrea Bruciati, Direttore dell’Istituto di Villa Adriana e Villa d’Este.
 
“Il restauro della Grotta di Diana a Villa d'Este è per FENDI un atto d'amore, il più recente di un percorso secolare di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano, che culmina quest’anno con la celebrazione del nostro centenario. Profondamente radicata a Roma, dove dal 1925 risiedono le fondamenta ed il cuore creativo della nostra Maison, quest'opera rappresenta per noi un ulteriore investimento sul futuro che parte dalla memoria del passato: un impegno volto a preservare la bellezza e la storia del nostro paese, consegnando questo prezioso monumento alle generazioni a venire” afferma Silvia Venturini Fendi, Direttore Artistico Accessori e Collezioni Uomo di FENDI.


Foto Andrea Concordia, courtesy of Fendi Group


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