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Oldridge vince a Bolzano
Libertà espressiva e qualità architettonica tra preesistenze e segni storici per aree ex Alumix e Magnesio
Autore: cecilia di marzo
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07/02/2008 – Sull’ormai dismessa area industriale su cui un tempo sorgevano gli stabilimenti di Alumix e Magnesio, a Bolzano Sud, sorgerà un Polo scientifico e tecnologico dedicato all’innovazione e alla ricerca.
Il concorso di progettazione è stato vinto dal britannico John Norman Leslie Oldridge (Chapman Taylor) con lo studio Claudio Lucchin & architetti associati.

Le aree oggetto del concorso sono brani di storia industriale rimasti quasi intonsi nel tempo. E se nella ex Magnesio l'assenza di edificato storico consente una maggiore libertà espressiva, nella ex Alumix la qualità architettonica delle preesistenze obbliga ad un rispettoso confronto con esse. Si è pertanto scelto nel primo caso di svettare attraverso una figura poderosa e dominante, che pur tuttavia sembra staccarsi dal suolo ed andare contro le leggi fisiche della gravità; nel secondo di creare un elemento che riprendesse, rivisitandolo in chiave avveniristica, i segni dell'antico fabbricato ormai smantellato. Si è inoltre fatto in modo da direzionare le due costruzioni in modo che i loro assi convergessero verso il centro cittadino, in una sorta di apertura ed anelito del futuro verso il passato, dell'area tecnologica ed industriale verso quella storica ed abitativa.
L'ingresso al complesso ex Alumix avviene attraverso il portale originario, a destra del quale uno degli edifici antichi ospita il punto informazioni, le sale riunioni e lo showroom, nonché l'amministrazione del T.I.S. Varcata questa prima soglia ci si trova all'interno di un'area visivamente dominata dall'edificio che accoglie l'Istituto per le Tecnologie Innovative, in armonioso contrasto con le preesistenze ai suoi due lati. Sotto di esso è stata scavata una piazza interrata, la cui scalinata d'accesso, parallela alla gradonata del teatro all'aperto eppure traslata rispetto ad esso, segue l'inclinazione dell'elemento sovrastante. Dalla prosecuzione chiusa della suddetta piazza si dipartono i collegamenti verticali con la struttura sospesa, e quelli orizzontali con il T.I.S. (attraverso il ristorante affacciato sulla scena teatrale) ed il centro culturale (attraverso la rampa che si allunga tra i magazzini).
Le zone riservate a parcheggi e spazi tecnici sono invece state confinate nei piani interrati.
L'Istituto per le Tecnologie Innovative si allunga sull'intero lotto come un vascello futuristico che rimanda all'idea di libertà e nel quale il ciclo produttivo dell'oggetto, pesantemente ancorato all'idea classica di “fabbrica”, si fa immateriale ed astratto e trova rifugio nella prua sospesa sull'esistente. Un'arca del “Nuovo”, quindi, della sperimentazione sottomessa alle continue richieste della produzione, della ricerca tecnica incagliata tra antichi edifici che, in un passato non troppo lontano, hanno avuto la medesima funzione. Esso appare come una sorta di Monolito di kubrickiana memoria riverso al suolo e quasi conficcato con veemenza tra le costruzioni esistenti. È la scintilla dell'intelligenza che ha reso possibile l'evoluzione; ma se in Kubrick era rappresentata da una figura verticale e dominante, qui viene resa orizzontale per farne il contenitore dell'incessante e febbrile lavoro proprio di quella intellighenzia che ha generato. È una sorta di tavola della legge abbattuta, in quanto l'uomo, proprio attraverso nuove teorizzazioni, scardina e spezza, mettendole in discussione, le leggi della Natura. È un ponte ideale, l'elemento di transizione, attraverso l'uomo esperiente (i laboratori), tra il primitivo (metaforicamente rappresentato dalle officine, legate ad una manualità che appartiene al passato) e l'uomo evoluto (la punta sospesa e proiettata verso l'alto, verso l'ignoto, verso un sapere superiore). Il Monolito è ancora la rappresentazione di qualcosa che, nella sua semplice perfezione, non si conosce, ma si anela a svelare. È il futuro che si sottomette all'analisi ed allo studio da parte di chi vuole esplorarlo.
Ma l'edificio può essere letto anche come “Arca dell'Alleanza” tra uomo e tecnologia, tra tradizione ed innovazione, tra pragmatismo (officine) ed empirismo (laboratori), tra idealità dell'architettura e concretezza della produzione industriale del bene.
Tali concetti si compiono tridimensionalmente in un edificio lineare e puro, essenziale e pulito, in un parallelepipedo nero tagliato all'estremità in un gesto ambizioso che lo fa svettare verso l'alto. La struttura implode in se stessa aprendosi alla luce esclusivamente attraverso le corti interne, completamente vetrate, il cui impalpabile tessuto penetra l'inflessibile resistenza del terreno; unica concessione verso l'esterno è data da sottili tagli praticati nella scura pelle in fibra di carbonio e schermati da una griglia compatta eppure trasparente, tale da non scalfire la densa solidità del Monolito.
A livello funzionale, la poppa dell'arca, chiusa in basso da trasparenti diaframmi vetrati in grado di non comprometterne visivamente la linea netta, accoglie gli spazi riservati ad aziende ed enti di ricerca. La prua, librata su esili pilastri inclinati, ospita più specificatamente l'Istituto per le Tecnologie Innovative, che chiude i propri ambienti intorno ad uno spazio verde, in cui la Natura tenta di riappropriarsi di aree antropizzate, e ad un grande atrio trapassato dalla figura totemica della torre piezometrica. Quest'ultima riprende l'originario ruolo di cisterna, la cui acqua serve come accumulo termico per la climatizzazione e come riserva antincendio […].

Nella seconda area svetta una sorta di grande Magnete dell'Innovazione, un complesso per uffici virtualmente capace di attrarre, all'interno del suo “campo”, menti artefici di analisi, invenzione, sperimentazione. L'edificio è sospeso su di una piazza d'acqua (officine e parcheggi sono stati chiusi nei piani interrati proprio per liberare il piano terra), elemento che, proprio attraverso la sua bassa “permeabilità magnetica”, sembra quasi respingere la struttura superiore, trasmettendo un'immagine di equilibrio. Dalla sua superficie liquida emerge una linea di alberi, il cui asse segue la medesima inclinazione del Monolito adagiato sull'area ex Alumix. L'organismo edificatorio si apre in una C nella quale la luce penetra copiosa attraverso una pelle discontinua e diversificata: l'esterno alterna fasce nere e dense in fibra di carbonio ad altre nelle quali la fumosa trasparenza del vetro scuro lascia spaziare lo sguardo sull'intorno; l'interno, come un negativo del precedente, è un susseguirsi di fasce con lastre satinate o chiare. Nel braccio sud ampie forature rendono il magnete più rarefatto, per evidenziare i due corpi principali rivolti verso il centro e quasi a volerne attenuare il soverchiante impatto visivo.

Da ultimo occorre sottolineare come, in entrambe le aree progettuali, siano già state fatte considerazioni riguardanti l'utilizzo di energie rinnovabili, quali pannelli fotovoltaici in copertura e sonde geotermiche verticali accoppiate a pompe di calore del tipo acqua-acqua glicolata per sfruttare l'energia accumulata dal terreno.

Il testo Ã¨ tratto integralmente dalla relazione di progetto


  Scheda progetto: NOI Techpark
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