È possibile guardare alla solennità dell’architettura attraverso la leggerezza di una risata? Che cosa succede se alla gravitas del costruire affianchiamo la satira, l’umorismo e l’ironia? Scegliendo una prospettiva anticonvenzionale, la mostra propone una «controstoria» dell’architettura composta dalle tante immagini satiriche e umoristiche che negli ultimi secoli hanno commentato le trasformazioni architettoniche e urbane in maniera originale e irriverente: caricature, vignette, cartoons, fotomontaggi, a cui si aggiungono brani di filmati, e altre forme d’espressione.
Spesso concepite per la fugace vita di un giornale o una rivista, queste immagini rivelano questioni spesso eluse dalla storiografia tradizionale, come il reale impatto del progetto sulla vita quotidiana delle persone. Prese nel loro insieme, tutte queste immagini costituiscono un particolare genere di critica architettonica, da affiancare ai manuali di storia dell’architettura, alle riviste specialistiche, alle monografie e alle mostre celebrative dedicate ai grandi maestri. Per questo, il percorso espositivo insiste sull’accostamento di documenti e angolazioni diverse, tra glorificazione e parodia, serietà e irriverenza, gravità e leggerezza. Talvolta, le prospettive si invertono: dietro l’ironia si nascondono infatti questioni politiche, sociali, economiche e culturali di carattere ambiguo, in cui l’architettura è capro espiatorio o viene strumentalizzata.
I temi affrontati sono molti: le violente trasformazioni delle città europee, americane e sovietiche; la comparsa di edifici e monumenti non convenzionali, oggetto di dibattito pubblico; la rivoluzione dei modelli abitativi e dell’idea di domesticità; il design moderno con il rapporto tra forma e funzione; i risvolti psicologici e sociali dell’urbanistica moderna; il carattere effimero delle mode architettoniche e ovviamente la figura dell’architetto. Il percorso della mostra si articola in quattro sezioni tematiche: L’architetto in caricatura mette a confronto ritratti celebrativi dell’architetto – da testi antichi fino a film come The Fountainhead (1949) e The Brutalist (2024) – e le sue tante allegorie e caricature dal Rinascimento ai giorni nostri.
Scandali urbani espone, attraverso illustrazioni, vignette satiriche e film, la reazione alle grandi trasformazioni urbane e a edifici particolari come il Crystal Palace di Londra, le architetture di Antoni Gaudí a Barcellona, la Loos Haus a Vienna, la Stazione di Firenze, il Guggenheim di New York, il Centre Pompidou a Parigi e la Sydney Opera House. La casa irrazionale offre una vasta panoramica della satira e dello humour suscitati da nuovi modelli abitativi (la casa razionale, la casa prefabbricata, la casa di vetro, ecc.) dagli anni del Bauhaus fino ai nostri giorni, con esempi emblematici come la Villa Arpel, parodia della casa moderna nel film Mon Oncle di Jacques Tati.
Caricature d’architetto presenta infine l’opera di architetti che hanno utilizzato la caricatura e il cartoon come mezzo di comunicazione per le proprie idee o come rifugio rispetto alla realtà del cantiere. Tra questi Alessandro Mendini, Ugo La Pietra, ecc.
Ribadendo il ruolo critico, sociale e culturale della satira, dell’ironia e della caricatura, la mostra offre un prezioso filtro per osservare l’architettura in maniera inaspettata, facendoci riflettere su che cosa significhino davvero le parole progettare e abitare.
In mostra sono presenti illustrazioni satiriche, vignette, fotografie, manifesti, modelli, riviste e giornali, volumi a stampa – molti dei quali provenienti dalla collezione della Biblioteca dell’Accademia di architettura. Tra gli autori e gli artisti rappresentati figurano William Hogarth, Honoré Daumier, George Cruikshank, Piero Portaluppi, Mino Maccari, Leo Longanesi, Saul Steinberg, Alessandro Mendini, Ugo La Pietra e molti altri. Il percorso espositivo include anche la proiezione di celebri film e sequenze cinematografiche, da One Week di Buster Keaton a The Fountainhead di King Vidor, Mon Oncle e Playtime di Jacques Tati, fino a Koolhaas Houselife di Ila Bêka & Louise Lemoine.
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