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Iris Tondo

Uffici ad alta quota
Alvisi Kirimoto trasforma il 32° piano di un grattacielo a Chicago
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11/02/2019 - Sospesi tra le nuvole, ma ben radicati nel contesto, i nuovi uffici direzionali disegnati dallo studio romano Alvisi Kirimoto occupano interamente il 32° piano di un grattacielo di recente costruzione nel vivace quartiere ex-industriale di West Loop, a Chicago.

Il progetto, pensato per ospitare il quartier generale del cliente e parte della sua collezione di opere d’arte, si sviluppa su di una superficie di 2.600 mq, all’interno di un edificio alto 224 m, che sorge nel cuore della città, sulla sponda dell’omonimo fiume.

Raccontano gli architetti Massimo Alvisi e Junko Kirimoto: “Nel momento in cui si esce dagli ascensori, approdando al 32° piano, si ha la sensazione di immergersi nuovamente nella città - a un’altezza e prospettiva diversa, certo, ma con i piedi ben piantati nelle strade di Chicago. Infatti, è proprio il tracciato della città con le sue sorprese, che abbiamo pensato di proiettare all’interno di questo spazio: si passeggia tra pezzi di arte contemporanea, orientale o di archeologia, sorpresi di tanto in tanto da colori forti o da doppie altezze insolite per un grattacielo, guidati dal ritmo serrato delle pareti, dalla luce e dagli assi visuali. Il primo input, infatti, è stato proprio privilegiare questi ultimi e lasciare gli angoli liberi per mantenere sempre il contatto visivo con la città.” 

L’ingresso principale è situato nel nucleo strutturale dell’edificio, che racchiude tutti i servizi e gli impianti. Entrando, sono subito visibili due ambienti contrapposti: da un lato la reception e dall’altro la playroom, entrambe caratterizzate da una grande vetrata che mette in comunicazione il visitatore con i due volti di Chicago, quello più urbano da una parte, e quello più territoriale dall’altra. Dal punto di vista planimetrico, il fronte Nord ospita le funzioni più rappresentative e di aggregazione come la reception, la sala riunioni, il Winter Garden, i percorsi espositivi e la zona ristorante, mentre il retro orientato a Sud accoglie gli uffici privati e alcune aree comuni.

Gli interni sono caratterizzati da pareti in legno naturale a tutta altezza, partizioni vetrate e pannelli sospesi, che a seconda delle combinazioni, delineano le diverse aree di lavoro. La grande flessibilità e trasparenza degli elementi consente a visitatori e impiegati di godere di panorami mozzafiato anche negli ambienti più privati delimitati da superfici opache. Pareti di legno, che si smaterializzano in lamelle verticali per calibrare il grado di privacy e di luminosità, caratterizzano le principali direttrici del progetto. Queste costituiscono il leitmotiv che accompagna il visitatore fino alla scoperta del Winter Garden, un ambiente polifunzionale a doppia altezza che rappresenta il cuore pulsante del progetto.

Dalla struttura del Blues, musica che permea la città di Chicago”, proseguono gli Architetti, “abbiamo ripreso il concetto di ‘Tension and Release’. L’altezza di 3,60 m del soffitto, assolutamente straordinaria per un ufficio, ci ha permesso di alternare elementi sospesi, come i pannelli di tessuto, a elementi scultorei poggiati a terra e lasciati alla loro altezza originaria. Questo gioco di compressione e sospensione culmina nel volume del Winter Garden: uno spazio unico, sospeso nel vuoto della città, un diaframma materico e tattile che racchiude uno spazio per la musica, l’arte e gli eventi così come per la meditazione e la lettura.” 

A seconda dei punti di vista, la pelle del Winter Garden, composta da due file di listelli lignei sospesi e non allineati fra loro, con un vetro trasparente posto nel mezzo, si dissolve o diventa opaca, generando molteplici punti di vista e un interessante gioco di luci e ombre. Simile a una scatola luminosa, l’ambiente consente di orientare la luce attraverso un sistema di doppie tende oscuranti e filtranti e di diffonderla rarefatta negli spazi adiacenti con le sue doghe di legno.
Completano la stanza una scultura sospesa in bambù, creata su commissione dall’artista giapponese Ueno Masao, e il tavolo disegnato da Junko Kirimoto, con finitura in lacca giapponese.

Lo spazio ha un tocco orientale e proporzioni sapientemente misurate, in linea con le sensibilità italiane e giapponesi che animano lo studio Alvisi Kirimoto.
L’intero progetto è stato curato in modo sartoriale in tutti i suoi aspetti, dagli arredi disegnati su misura, come le workstation e i tavoli della mensa, alla disposizione e alla scelta di gradazione dei punti luce.
Anche l’uso del colore è ponderato: a volte infonde serenità, altre disegna lo spazio o ancora definisce una funzione. Si va dall’arancione vivace del soffitto della playroom e dei pannelli sospesi negli uffici, al rosso intenso dei pannelli in contrasto con le pareti grigie della zona ristorante, dal ruggine suadente della carta da parati giapponese all’ingresso, al bianco rigenerante delle postazioni open space.

Infine, anche l’arte gioca un ruolo fondamentale: gli uffici ospitano un percorso espositivo olistico di oltre 1.000 mq tra i pezzi da collezione del committente, in un susseguirsi di spazi che si compenetrano, sovrapponendosi alla città e generando punti di vista inattesi e sorprendenti.


  Scheda progetto: Private Office
Nic Lehoux
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