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MOSTRA ARTE

SANDRO LORENZINI
Tra astrazione e racconto
mostra  GALLERIA 'ARIANNA SARTORI' - MANTOVA, dal 05/12/2009 al 24/12/2009

 A Mantova, alla Galleria “Arianna Sartori - Arte” nella Sala di Via Ippolito Nievo 10, Sabato 5 dicembre alle ore 17.30 sarà inaugurata la personale dello scultore Sandro Lorenzini intitolata “Tra astrazione e racconto”.

In mostra saranno esposte: “Composizioni sospese” (Grès, smalti, ossidi, oro. Dimensioni variabili da cm 60 a cm 130) che scenderanno dal soffitto, “Piatti-uadri” (Sculture ceramiche) alle pareti e al centro della sala “Stanze” (Sculture ceramiche: grès, ossidi, smalti, oro. Dimensioni variabili da cm 50 a cm 70) e “Non vasi” (Sculture ceramiche).

La mostra che si inaugurerà alla presenza dell’artista, resterà aperta al pubblico fino al prossimo 24 dicembre 2009.

Composizioni sospese
Esposte al: Shigaraki Cultural Ceramic Park, Giappone, 2007
 
L’Arte è capace di dare forma bella ad ogni pensiero dell’uomo.
La percezione sensoriale è attratta dal bello, è capace di riconoscerlo e la mente sa risalire dalle percezioni all’idea che sta all’origine dell’evento d’Arte.Questa capacità di risalire all’origine dei fenomeni, di comprenderla e di farla propria è una delle più formidabili facoltà dell’intelligenza.
Tra le categorie che l’uomo sa definire ed in cui l’Arte sa riconoscersi, ve n’è una che è al tempo stesso semplice e rara, pulita e preziosa, autentica e chiara: la leggerezza.

Quelle che amo chiamare “composizioni sospese” sono oggetti dell’arte che abitano il territorio della leggerezza, perché nascono e traggono forma da riflessioni sui concetti di levità, bellezza e verità.

Nel nostro mondo ogni cosa che è grave tende a cadere verso il basso, ineluttabilmente, premendo lungo un asse verticale, adagiando il suo peso sul suolo o sullo statico volume di un inerte piedistallo.

La scultura, da sempre, dichiara un’appartenenza quasi inevitabile alla categoria del peso: i materiali stessi di cui molto spesso è composta (pietre, marmi, metalli, argilla) e l’esser fatta per stare “posata” la costringono a vivere in uno spazio predefinito, non mutevole, dove può accadere che le occasioni per generare stupore siano molto spesso tarpate da posture e collocazioni scontate.

Una scelta di campo in favore della leggerezza implica una variazione drastica dei parametri di collocazione sia fisici che letterari.

Lo stupore e la meraviglia sono strumenti formidabili per attivare meccanismi di conoscenza e di riconoscimento, generando domande sui come e sui perché e stimolando curiosità relative al mistero eterno dell’arte.

Un oggetto di forma bella che vive lo spazio in modo imprevisto, immerso in esso, libero da vincoli statici apparenti, “sospeso” in senso fisico, metaforico, temporale e filosofico, può essere un formidabile generatore di stupore.

Ecco che la scultura, prima ancora di dichiarare i suoi attributi di volume e di armonia, di materia e di colore, di simbolo e di narrazione, si qualifica come fenomeno appartenente alla “leggerezza”.

Una sfera, un cono, sono belli di per sé.

E’ la perfezione astratta delle forme primarie a significare con assolutezza i perfetti valori estetici e la naturale armonia che la geometria contiene in sé.

Lo stesso può dirsi per tutte quelle forme geometriche che potremmo definire secondarie, generate cioè dalla traslazione nello spazio di forme primarie (sfere e coni, appunto) lungo direttrici a loro volta geometriche (rette, curve, spezzate).

Proprio perché manifestazioni visibili dei concetti assoluti che contengono, queste forme primarie o secondarie possiedono nel nostro immaginario fortissimi valori semantici.

Inconsciamente l’uomo cerca nelle forme pure delle identificazioni narrative: ecco che la sfera diviene il sole, il cono il monte, una linea spezzata il fulmine, una sinusoide l’onda.

L’identità semantica suggerita dalla forma assume lo stesso valore assoluto della forma stessa: forma primaria e significato semantico si fondono nel simbolo.

L’immagine diventa un’icona.

Vi sono infinite forme possibili: distaccandosi via via dalla generazione geometrica, operando scelte creative autografe, ci si può addentrare in una selva di altre icone, in cerca di una narrazione più diretta, morfologica, metaforica. Ecco che allora la scelta cade su infiniti possibili archetipi: la mano, il pesce, la fiamma, la nuvola, il fiore e via via.

E’emozionante preparare molteplici moduli ripetuti e ripetibili e costituire un corpus di possibili lettere di un alfabeto universale costituito da forme iconiche, con il quale scrivere parole, o parole con cui scrivere versi, o note con cui scrivere melodie: è il momento sublime in cui la creatività forza il linguaggio a scegliere.

Il lungo, accurato lavoro preparatorio dei moduli, la scelta cosciente delle argille e degli smalti, l’attenzione prestata ad ogni singolo pezzo scopre infine la sua meta creativa nella composizione di un’immagine definita, fatta di alcune forme diverse e simili, contrapposte e rispondenti, dissonanti ed armoniche.

Ecco dunque le mie “composizioni”.
Sospese, se voglio farle vivere nella leggerezza, fluttuare in uno spazio rarefatto, stare, ferme, sulla retta verticale di un semplice filo.

Sandro Lorenzini
 
“Piatti quadri”
 
Avevo sette anni quando mi fu regalato un libro magico.
Da fuori pareva un libro normale, una copertina di cartone un po’ spessa, con delle figure a colori.

Ma quando lo aprivo succedeva una cosa impossibile. Improvvisamente, tra una pagina e l’altra delle figure vere balzavano su, tridimensionali, si alzavano e stavano lì a formar delle scene incredibili, su piani diversi, coloratissime, quasi reali.

E se tiravo certe linguette di cartone che spuntavano appena appena dai bordi, ecco altre sorprese: personaggi che si animavano, finestrelle che si aprivano, animali che apparivano da fessure sottili.

Magico. Così magico da farmi dimenticare i sostegni di cartoncino che pur vedevo e che tenevano in piedi come minuscole scrosce le quinte e gli spezzati di quel piccolo affollatissimo palcoscenico. Poi voltavo la pagina e tutto spariva docile, ripiegato e nascosto, per lasciare il posto a qualche facciata di testo scritto, con il quale si dipanava un poco la storia, in attesa del prossimo immancabile e fantasmagorico colpo di scena.

Devo molto a quel libro che guardai e riguardai fino a consumarlo: un libro-contenitore di meraviglia, dove il testo era poco più che una scusa, un canovaccio scontato di “c’era una volta”, ma le vere storie le raccontavano al mio ripetuto stupore quelle figure vere che venivano fuori da sole.
Figure. Le figure fanno le storie - storie bellissime - senza parlare. Questo imparai dal mio libro.

Vi furono moltitudini di altri libri ad accompagnarmi lungo la via della vita: letteratura e poesia si riversarono in me a nutrire lo spirito e la conoscenza, a solleticare la fantasia, a fornire scuse e occasioni all’immaginazione, ma quel magico libro-teatro rimase per sempre a rammentarmi (pur se lontano e sgualcito) la gioia semplice dell’aver visto storie che sembravano vere con gli occhi della meraviglia, tra una pagina e l’altra di un libro animato.

Col tempo altre epifanie guidarono i passi delle mie scelte verso mete più consce, ci fu il teatro con le sue stagioni mozzafiato e la scoperta della voce del fuoco e dell’argilla.

La ceramica divenne la carta su cui scrivere i libri delle mie stagioni e gli ingobbi e gli smalti ne divennero l’inchiostro. Reminiscenze di gesti di burattini e di voci d’attori fornirono un po’di sostanza al corpo dei miei personaggi, che portai a calcare scene via via più silenziose e rarefatte.

La scultura mi guidò per vie impensate e sottili, incontrai simboli ed armonie che mi mostrarono i modi di nuove sintassi, ma il miracolo del mio libro animato (che ancora conservo) è tornato di tanto in tanto a trovarmi, a suggerirmi sottovoce un’altra pagina, un altro quadro animato.

Per molti anni (ma non troppo frequentemente) mi sono fermato ogni tanto a raccontare a me stesso e a quegli amici che ogni volta sono accorsi curiosi e disposti a sentirle, piccole storie fatte di poco o di molto, che trovavano nel cavo quadro di questi miei piatti lo spazio minimo e immenso in cui abitare e da cui saltar fuori ad un tratto.

Storie piccole, impastate di stupore e forse di sogno, vestite di smalti e un po’ ornate d’oro, giusto per brillare di più quando saltano fuori dal piatto.
Sandro Lorenzini

“Non vasi”

Quando diciamo ceramica il primo oggetto che salta alla mente è il vaso.
Vaso. Manufatto ceramico per eccellenza.

Oggetto utilissimo all’uomo fin dai primordi, inventato per essere utile; contenitore perfetto, la cui funzione ha generato la forma, anzi le forme.
Infinite varianti, suggerite da infiniti usi pratici.

Oggetto prosaico e pragmatico.

Funzionale prima che bello, bello proprio perché la necessità funzionale lo spinge verso forme che la geometria suggerisce come perfette e possibili, generate dal cerchio (sfera, cilindro, cono), dunque belle in sé stesse, la cui bellezza la mente dell’uomo sa riconoscere.

Una forma bella, si sa, suscita nell’uomo una quantità di cose:
emozioni come lo stupore e la meraviglia, domande circa le ragioni della bellezza, sensazioni di piacere e di godimento estetico, stimoli alla creatività nella ricerca di nuove varianti che ripetano il fenomeno in una forma diversa.
Ecco che alla pura funzione si sovrappongono una quantità di elementi nuovi e di valori funzionali ed estetici aggiunti.

Manici, anse, maniglie, colli, becchi, coperchi perfezionano la molteplicità delle funzioni ed offrono spunto alla verifica di nuovi rapporti formali fra le parti.
Dapprima suggerita da fatti poco più che casuali come le impronte lasciate nell’argilla dalle dita del foggiatore, poi via via più conscia e voluta, la decorazione irrompe ed il vaso diviene, pur mantenendo la totale aderenza alla funzione, un oggetto culturalmente sempre più complesso.

Il vaso accompagna i popoli attraverso la storia, la annota e ne conserva i caratteri e i fatti, parla all’uomo di altri uomini e ne racconta i costumi e le usanze, ne celebra i fasti, raggiunge a volte livelli estetici altissimi.
Nudo o decorato, arcaico o barocco, classico o innovativo, il vaso attraversa i millenni con il suo fittile corpo cavo, con il suo piede tondo, con la sua bocca aperta a contenere o a versare.

Il vaso è fedele. Svolge la sua antica funzione fino a che l’integrità fisica glie lo permette.

Albisola e Savona, terre di vasi e di vasai.

Per secoli vasi si sono aggiunti a vasi, fornaci alle fornaci, fuochi ai fuochi.
Piano piano l’argilla è cresciuta, docile, fra le dita di uomini che hanno voluto conoscerla e hanno saputo farlo, come una fanciulla in amore si è concessa e ha indossato il bianco e il blu degli smalti, poi altri colori, ha mutato le forme, è venuto un tempo in cui per vocazione nuova ha giocato con altri uomini, quando il nuovo ha permeato il respiro dell’arte, e qui, per destino, qui in questo luogo e non altrove è divenuta libera sposa del bello.
L’argilla ha abbracciato una nuova funzione: materia prima della bellezza, libera per la prima volta dai vincoli millenari dell’uso.
Ad Albisola tanti anni fa ho incontrato l’argilla.
E’ stato un buon incontro.
Insieme abbiamo fatto le cose più diverse.
Cose serie, cose più lievi.
Se è vero che l’argilla non ha più obblighi d’uso voglio giocare con lei e farle uno scherzo: voglio fare dei vasi e toglierci il fondo.
Vasi che non contengano nulla.
Non vasi.
Sandro Lorenzini
 
Sandro Lorenzini nasce a Savona il 20 Aprile 1948.
Terminati gli studi in scenografia all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, Sandro Lorenzini opera fino al 1975 come scenografo nell'ambito teatrale milanese.

Dopo questa data si dedica a tempo pieno alla ceramica, riconoscendo a questo materiale caratteristiche ideali di duttilità ed espressività tali da costituire un formidabile mezzo con cui realizzare scultura.
Nel 1984 su invito di Peter Voulkos, si reca negli Stati Uniti per lavorare ad un progetto relativo alla scultura ceramica presso la Berkeley University.
Successivamente svolge un'analoga attività presso la California State University, San José.

Dal 1986 sperimenta l'installazione di grandi opere di scultura ceramica in spazi architettonici e storici di forte connotazione, lavorando su specifiche impostazioni tematiche (1986 "Percorsi" Savona-Italia, 1991 "La Casa di Asterione" Padova-Italia, 1996 "La Casa del Re" Caserta-Italia, 1999 "Dal Disperato al Sublime" Faenza-Italia, 2000 "Lo Spazio Ritrovato" Roccavignale-Italia, 2007 "Concreta: La stanza delle stanze" Certaldo-Italia).
Intensa è la sua attività espositiva dagli anni '80, dapprima in Italia, successivamente negli USA, in Europa (Francia, Germania) e Asia (Cina, Giappone).

Partecipa ad innumerevoli mostre personali, collettive e rassegne; esegue prestigiose commissioni in tutto il mondo, spaziando fra vari materiali come la ceramica, il legno, il vetro, l'acciaio, la pietra, il bronzo.
Si aggiudica numerosi premi e riconoscimenti in competizioni internazionali ("Biennale De Ceramique" Vallauris-Francia, "International Ceramic Competition" Mino-Giappone, "Mostra Internazionale della Ceramica" S.Stefano di Camastra-Italia, "Concorso Faenza" Italia, "Biennale for Ceramics" Cairo-Egitto).

E' responsabile dell'ideazione e della direzione artistica di importanti progetti espositivi che coinvolgono istituzioni pubbliche ed artisti internazionali.
Dall'inizio degli anni Novanta suoi importanti lavori vengono acquisiti da prestigiosi musei in tutto il mondo tra cui spiccano quelli di Mino, Shigaraki, Toki, Seto e Gifu in Giappone.

Più recentemente la sua attività di sperimentazione artistica e didattica lo vede al lavoro per lunghi periodi presso centri di eccellenza, come il Ceramic Cultural Park di Shigaraki.

Premi conseguiti

2002
6th International Ceramic Competition, Mino, Japan,
6th Biennale for Ceramics, Cairo, Egypt
1998
16th Biennale de Ceramique, Vallauris, France
5th International Ceramic Competition, Mino, Japan,
1992
16th Mostra Internazionale della Ceramica, S.Stefano di Camastra, Italy
1981
39th Concorso Faenza, Faenza, Italy
1978
6th Biennale Vallauris, France
 
Musei
Shiwan Ceramic Museum, Guandong, Cina
Mino Museum of Modern Ceramic Art, Gifu, Giappone
Museum of Modern Ceramic Art, Toki, Giappone
Ceramic Museum, Cairo, Egitto
Palazzo Reale, Caserta, Italia
Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza, Italia
Museo della Ceramica, S.Stefano di Camastra, Italia
Fabbrica-Casa-Museo Giuseppe Mazzotti 1903, Albisola, Italia
 
Commissioni pubbliche

1989, "PROMETEO", Cassa di Risparmio, Savona, Italia
1990, "GESÙ E GIUSEPPE", "CHIARA D'ASSISI", Sculture lignee, Cattedrale di San José, San Josè, Stati Uniti
1998, "CONFLITTUALITÀ", Gruppo scultoreo, Palazzo di Giustizia, Savona, Italia
1998-2003, "LA CREAZIONE", "LA GENESI", ciclo vetrate, Chiesa del Sacro Cuore, Savona, Italia
1999-2000-2001, "LA GENESI, "L'APOCALISSE", "LA REDENZIONE", ciclo vetrate, Chiesa San Filippo Neri, Savona, Italia
2003, "HARMONY PENDULUM", Foshan Huaxia Ceramics Exposition City Town, Foshan, Cina

Inaugurazione: Sabato 5 dicembre, ore 17.30. Sarà presente l’artista
Orario di apertura:         10.00-12.30 / 16.00-19.30, festivi 16.00-19.30.
24 dicembre: 10.00-12.30 / 16.00-18.00.
 

 

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Contatti
ARIANNA SARTORI
ARTE & OBJECT DESIGN
Via Ippolito Nievo, 10 - 46100 MANTOVA
Tel e Fax: 0376 32.42.60 - [email protected]
Link
www.sartoriarianna.191.it
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