12/06/2025 - L’architetto cuneese Dario Castellino ha firmato delicato e innovativo progetto di riconversione di un edificio nel suggestivo paesaggio della Valle Maira, nella borgata di Maddalena, comune di Prazzo (Cuneo), crocevia di storia, cultura occitana e antiche pratiche agricole.
Oggetto dell’intervento è una costruzione di origine medievale risalente al XV–XVI secolo, probabilmente nata come struttura conventuale dei frati cappuccini. Sebbene la documentazione storica sia scarsa, la tipologia architettonica, caratterizzata da una grande facciata a vela rialzata, murature in pietra locale, aperture monofore con sedili interni ricavati nello spessore delle pareti, e importanti portali lapidei, conferma la sua rilevanza religiosa e comunitaria all’interno della valle. Nel corso dei secoli, la costruzione è stata trasformata in edificio rurale, subendo adattamenti come la creazione di ricoveri per animali e fienili.
Il manufatto versava in uno stato di parziale abbandono: gli orizzontamenti interni erano crollati, lasciando un grande spazio vuoto a tutta altezza, dove permanevano tracce delle suddivisioni originarie e un imponente camino a tutt’altezza sulla parete di fondo. La struttura muraria in pietra a secco mostrava i segni del tempo, ma conservava intatta la forza espressiva della tradizione costruttiva locale.
L’intervento di recupero nasce dalla richiesta di una giovane coppia di trasformare questo volume, troppo grande per loro, in una seconda casa di più ridotte dimensioni. Data la valenza storica dell’edificio e il budget limitato della committenza, il progetto ha optato per un approccio minimale e non invasivo: si è scelto di conservare l’involucro nella sua interezza, comprese tutte le murature, la copertura in lastre di pietra e le aperture originali, mantenendo viva la memoria storica.
Al suo interno, l’architetto Castellino ha introdotto un volume indipendente in legno lamellare e vetro, una sorta di capsula abitativa sospesa nello spazio a pochi centimetri dal suolo, leggermente a sbalzo, e accessibile tramite una leggera scala metallica idealmente retraibile. La nuova struttura, pur completamente autonoma rispetto all’involucro preesistente, dialoga con esso attraverso un sottile equilibrio tra contrasto materico e continuità spaziale.
Grande attenzione è stata posta all’uso di materiali naturali locali: l’isolamento della capsula è realizzato con un composto di calce di Piasco e canapa di Carmagnola, nel segno della sostenibilità ambientale e della tradizione costruttiva.
L’intervento si configura come una buona pratica per la rigenerazione del patrimonio edilizio storico, soprattutto in aree marginali e montane, dimostrando come interventi di piccola scala possano conciliare la conservazione della memoria con le esigenze dell’abitare contemporaneo. La “Scatola nel convento” racconta infatti una nuova modalità di trasformare, riusare e ricucire il tessuto edilizio esistente, ottimizzando le risorse e stimolando l'evoluzione delle comunità locali e riaffermando l’importanza della conservazione attiva e del progetto come strumento di sviluppo sostenibile.
Come esempio di architettura minima capace di generare valore aggiunto, senza alterare l’identità dei luoghi, in una continua dialettica tra passato e presente, il progetto è risultato vincitore della sezione “Architettura minima degli interni” del Premio di architettura “Abitare minimo in montagna”. Il riconoscimento è stato conferito nell’ambito del “Festival all’insù. Architettura in montagna” (4–12 aprile 2025), promosso dalla Comunità Montana di Valle Camonica e parte del Festival Architettura, iniziativa della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
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