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Architetture umanitarie: il nuovo progetto Iuav per un campo profughi in Grecia
Grazie al progetto di tre studentesse di architettura il padiglione Glass House darà riparo e accoglienza alle ragazze del campo profughi di Diavata, a Salonicco
Autore: rossana vinci
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05/07/2022 - Dal chiostro dei Tolentini al campo profughi di Diavata, in Grecia: è lungo il viaggio della Glass House, il padiglione progettato da due studenti di architettura Iuav per l’Open Day 2018, che per qualche anno ha accolto e riparato sia dalla pioggia che dal troppo sole studenti, studentesse, docenti e personale Iuav nel giardino dei Tolentini. Oggi darà riparo e accoglienza alle ragazze del campo profughi di Diavata, a Salonicco, grazie all’idea di tre studentesse del corso di laurea magistrale in Architettura e Innovazione Iuav, diretto da Salvatore Russo, che al progetto hanno dedicato la tesi "Architetture umanitarie: riprogettare la Iuav Glass House per le ragazze del campo profughi di Diavata".
 
Elisabetta Gastaldon, Giulia Moro e Thuy Hong Nguyen sono partite dall’idea di progettare un riparo emergenziale (shelter) e da un viaggio che le ha portate in Grecia, al campo profughi di Diavata, per conoscere dal vivo le condizioni dei rifugiati. Sono entrate in contatto con Quick Response Team (QRT), Ong greca diretta da un italiano, che opera per fornire ai profughi un aiuto concreto a partire dai beni di prima necessità (cibo, vestiti, coperte) e dall’assistenza medica, ma propone anche a bambine, ragazze e donne rifugiate attività didattiche e ricreative che permettano loro di vivere un tempo migliore e di ricostruire all'interno del campo la normalità della quale sono state private. Queste attività si svolgono nel quartier generale della Ong che si trova accanto al campo di Diavata. E troveranno spazio nel padiglione Iuav, che sarà collocato proprio qui e sarà destinato principalmente ad aula di fotografia (ma non solo), con il supporto del fotografo Mattia Bidoli (Flip), che lavora nel campo della cooperazione internazionale e ha avviato una scuola di fotografia tramite la quale le rifugiate hanno l’opportunità di partecipare a contest internazionali (nel 2021 Shabana Zahir, rifugiata afgana nel campo di Diavata, ha vinto il Global Peace Photo Award).
 
L’idea di riutilizzare la struttura della Glass House Iuav per progettare una costruzione utile da donare alla Ong è sembrata da subito la soluzione più sostenibile, in una prospettiva di recycling coerente con l’etica del progetto che si insegna all’Università Iuav. Interamente realizzato con materiali derivati dal vetro, il padiglione Glass House era rimasto qualche anno nel giardino adiacente il chiostro dei Tolentini per essere poi smontato e depositato al Laboratorio di Scienza delle Costruzioni Iuav in via Torino.
Agli elementi originari della costruzione se ne sono aggiunti altri, quali un tavolato di base e serramenti con pannelli in policarbonato; le lamiere di copertura originali sono state sostituite con altre coibentate. 
 
Il padiglione avrà un nome italiano, come tutti gli altri spazi del QRT, e si chiamerà Spazio Venezia per richiamare l’origine e la storia della struttura.
Un accordo di collaborazione è stato firmato di recente tra Iuav e la Ong NAOMI Workshop Thessaloniki che si occupa del supporto amministrativo della missione del QRT. L’accordo promuove forme di cooperazione per sviluppare la ricerca sul tema della crisi umanitaria e per favorire la realizzazione del progetto.
 
Le tre studentesse Iuav hanno aperto una raccolta fondi sulla piattaforma di crowdfunding GoFundMe per sostenere le spese necessarie ad acquistare i nuovi elementi, trasportare e montare il progetto. Vi si accede dal profilo instagram humanitarian.architectures, dove Elisabetta, Giulia e Thuy Hong raccontano e condividono la loro storia di architettura umanitaria.

Commenta Salvatore Russo, docente Iuav di Tecnica delle costruzioni e relatore della tesi:
«È stata un’esperienza eccezionale dal punto di vista dell’utilità sociale. Non è scontato riuscire a concludere un progetto che abbia veramente al centro l’altruismo e la solidarietà. E ci siamo riusciti. Il riutilizzo della Glass House in un campo profughi - esperienza che speriamo di concludere e portare a buon fine in tempi brevi - è un raro esempio di virtuosismo pedagogico e accademico. Il merito va alle tre studentesse, ora architette, che ci hanno creduto sino in fondo.»

  Scheda progetto: Pavilion LightMotiv
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