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Il futuro di Ground Zero secondo David Childs
La lectio dell'architetto americano a Cersaie 2010
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08/10/2010 - Costruire una città migliore. Cogliendo un’opportunità anche laddove la tragedia e la follia umana hanno colpito più duramente. Dimostrando con i fatti che l’architettura può essere di più, molto di più, della pur nobile arte di interpretare gusti e mode del momento. Questo il biglietto da visita con cui David M. Childs, architetto di fama mondiale con 40 anni di carriera alle spalle – molti dei quali passati al timone della Skidmore, Owings & Merril LLP (SOM) – si è presentato a Cersaie 2010.

Di scena, la lectio magistralis che lo scorso 30 settembre ha visto l’archistar prendere la parola in un Palazzo dei Congressi gremito, per carpire dalla viva voce del maestro come trasformare le “visioni”, quasi idee platoniche che ballano nelle menti degli architetti, in progetti concreti, realizzati o realizzabili. Anche in un luogo, Ground Zero, considerato da molti sacro, inviolabile. La sfida di Childs? Restituire Ground zero alla vita, restituirlo alla città.  

“Certamente questo è stato un progetto emozionante – ha osservato Childs – lo è stato per tutti gli americani, specialmente i newyorkesi, e ancora di più lo è stato per quelli, come noi, che hanno lavorato sul sito. Ma noi newyorkesi guardiamo a questa faccenda come a un’opportunità per ricominciare, ricostruire. Dobbiamo partire dal presupposto che buona parte della nostra città non è un “bel posto”. In questo caso ci è stata data l’opportunità di tornare indietro e di costruire meglio, non solo dal punto di vista del design, ma per rendere questo complesso davvero parte integrante della città, e non solo un luogo di memoria. Abbiamo lavorato duramente a questo progetto affinché questa parte della città torni ad essere un luogo trasparente, senza muri o armi, ma un posto che le persone possano vivere e ricordare, un posto migliore di quel che è stato nell’ultimo mezzo secolo”.

A quest’ultimo progetto – ha precisato il presidente di SOM – hanno lavorato sia architetti esperti sia architetti più giovani. I designer del memorial, per esempio, probabilmente l’edificio più importante di Ground zero, è stato realizzato da giovani architetti, e il risultato in termini di design è molto buono. La stessa costruzione del museo è stata affidata a un giovane architetto finlandese. Non è che l’età che conta ma le idee, il modo in cui le si mette in pratica, la capacità di immaginare il futuro. Combinando questi aspetti, otteniamo il meglio sia dalle persone di esperienza sia dai giovani”. Innovazione, qualità, management: queste le parole d’ordine che da più di mezzo secolo sono carattere distintivo di SOM. Nessun timore di pensare in grande, ma sempre partendo dal fare, dal costruire, dai materiali e dalle loro peculiarità. Con estetica e funzionalità che diventano, in quest’ottica, due facce della stessa medaglia.                    

“La qualità del design, che dovrebbe essere sempre eccellente, è quel che distingue l’architettura dalla scultura. L’architettura – ha sottolineato Childs – deve anche essere pratica, l’architettura è una scienza, deve infondere nei progetti che realizza un’idea di ‘qualità dello spazio’: a beneficio delle persone, del paesaggio, della stessa qualità della vita. Il design non deve solo rappresentare la moda del momento: deve interpretare il gusto estetico, certo; ma una buona architettura deve essere anche funzionale, e in questo caso gli uffici che abbiamo realizzato sono i migliori uffici d’America. L’architettura deve essere un’attività di successo in termini anche economici. Questi aspetti devono essere considerati assieme, quando si realizza un progetto. E quando questo riesce, i risultati sono eccellenti”.  
 
Il Washington Mall, il quartier generale del National Geographic, il terminal del Dulles Airport a Washington, oltre a tutta una serie di progetti nella “grande mela” che vanno dal Worldwide Plaza al New York Mercantile Exchange, dal JFK International Arrival Building al quartier generale di JP Morgan e all’intero piano urbanistico del Riverside South. Un curriculum sterminato, quello di Childs, che affonda le proprie radici nell’oramai lontano 1971 fino ad arrivare ai progetti più recenti, che riguardano, tra le altre cose, la ricostruzione della parte centrale di Ground Zero e il rinnovamento della stazione ferroviaria ubicata nello storico ufficio postale di New York. Quale edificio interpreta meglio la “visione” di Childs? In quale edificio, gli è stato chiesto, si riconosce di più?   

“È molto difficile da dire, la storia è più facile farla a posteriori, guardando i successi e i fallimenti. Certe volte si da il meglio, altre il risultato non è così perfetto come ti aspettavi, altre volte è il risultato migliore di sempre. Il primo edificio che ho disegnato a ground zero, che sorge nel luogo dove è crollata la terza e ultima torre, è probabilmente il migliore, sia intermini di funzionalità, sociale ed economica, sia in termini estetici. Un edificio molto semplice, lineare, elegante nei dettagli. Probabilmente il segreto è tutto qui. Non è la volontà di seguire la moda del momento, ma la semplicità e la cura per i dettagli che possono rendere grande l’architettura”.    

Fonte: Ufficio Stampa Cersaie

  Scheda progetto: Ground Zero Master Plan
Silverstein Properties
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Studio Daniel Libeskind
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