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Le opere fiabesche di Eva Jospin al Museo Fortuny di Venezia
L’uso di materiali poveri per dar vita a composizioni plastiche di grande volume e dal forte impatto scenografico
Autore: cecilia di marzo
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Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol
14/10/2024 - Il Museo Fortuny di Venezia ospita fino al 24 novembre la mostra EVA JOSPIN. Selva, a cura di Chiara Squarcina e Pier Paolo Pancotto.
 
La ricerca dell’artista francese Eva Jospin (Parigi, 1975) trae da sempre ispirazione dalla natura in tutte le sue articolazioni semantiche e visive. Attraverso l’uso di materiali quali cartone, elementi e fibre vegetali, parti metalliche, tessuto, dà vita a composizioni plastiche anche di grande volume e dal forte impatto scenografico. Opere dal tono fiabesco, a tratti misterioso, quasi magico, che evocano o ricreano un mondo che è al centro dei propri interessi: paesaggi, alberi, piante, rami, foglie, formazioni geologiche, brani di vegetazione, strutture architettoniche che inducono a riflettere su vari temi quali la creatività, i processi operativi e intellettuali attraverso i quali essa si esplicita, oggi come in passato.
 
Il progetto al Museo Fortuny di Venezia lo rappresenta una volta di più: le opere, immaginate per l’occasione, dialogano non solo con il contesto storico e ambientale che le accoglie, Palazzo Pesaro degli Orfei, ma soprattutto con l’identità delle raccolte che custodisce, ovvero la produzione artistica di Mariano Fortuny.
 
Un dialogo che lascia emergere impreviste affinità estetiche e operative tra le poetiche dei due interpreti: un confronto e rimando continuo tra Jospin e Fortuny sulla natura, sui processi creativi e sperimentali, che trovano la massima espressione tanto nell’ideazione e ricerca sul tessuto, quanto nello studio dell’artificio e della finzione scenica, sempre connaturati all’universo teatrale, riflettendosi costantemente sui temi della prospettiva, delle proporzioni e sul rapporto visivo ed emotivo tra creazione artistica e spettatore.
 
La grande installazione nel portego di Museo Fortuny è una “selva” artificiale che, una volta percorsa, dà la sensazione di perdere ogni cognizione di tempo e spazio, di trovarsi in un “altrove” indefinito e disorientante.
 
Il fulcro dell’installazione è Galleria (2021-2024): un passaggio ad arco con soffitto a cassettoni realizzato con cartone, legno e materiali vari in cui ricorrono diverse fonti d’ispirazione del lavoro dell’artista. Alcune di queste, derivanti dai suoi viaggi in Italia, come le architetture rinascimentali e barocche, quelle classiche, capricci, rovine e fontane, ville patrizie e dimore storiche, edifici religiosi, fino alle opere nei musei. All’interno della struttura, come in uno studiolo rinascimentale, trova posto una sequenza di pannelli in legno, cartone e collage alternati a disegni che raffigurano delle vedute che, pur facendo riferimento a elementi della quotidianità, evocano un mondo lontano, fiabesco, quasi mistico come quello delle atmosfere simboliste e nabis.
 
Alle estremità del corridoio si trovano due composizioni plastiche che ne costituiscono il duplice ingresso. La prima, anch’essa chiamata Galleria (2021-2024), riproduce quasi a dimensione naturale una sezione di foresta resa ancora più credibile dai colori bruni del legno e della fibra di cellulosa che le danno consistenza. La seconda, Nymphées (2022-2024), appare come un omaggio dell’artista alla tradizione architettonica veneziana dal XVI secolo in poi: una serliana articolata in un’apertura centrale ad arco e due laterali trabeate al cui interno sono appesi due ricami incorniciati, sovrapposti, a loro volta, ad altri ricami seguendo una modalità espositiva che ricorre anche nell’allestimento dell’atelier di Mariano Fortuny al piano superiore del museo.  Chiusa ai lati da due pannelli i dipinti a trompe-l’oeil di soggetto agreste fanno eco a quelli eseguiti da Fortuny nel “giardino d’inverno” al primo piano dell’abitazione.
 
Sul fondo del portego si accede a una sala ove, affiancato da alcune prove grafiche a inchiostro riferibili ai due ricami più grandi, trova posto Carmontelle (2023), un panorama “animato” ispirato ai paesaggi trasparenti ideati da Louis Carrogis de Carmontelle (Parigi 1717-1806): vedute incise su tela e fatte ruotare su un rotolo di carta teso tra due strutture cilindriche usate come sfondo per azioni sceniche e teatrali. In maniera analoga Jospin elabora una veduta traforata mossa da un dispositivo meccanico che rievoca, idealmente, quelli concepiti dal pittore e architetto francese del XVIII secolo tanto nella struttura quanto nella funzione scenica e, al tempo stesso, richiama l’attività svolta da Fortuny nel campo della scenografia.
 
Un invito a perdersi e a ritrovarsi in una dimensione “altra” della foresta, in grado di suscitare pura meraviglia. Una grande allegoria che racchiude un insieme denso e articolato di stati emotivi e riflette vari livelli della dimensione sensoriale e intellettuale dell’individuo, dallo stupore al divertimento, dalla sorpresa al senso di smarrimento e di timore, nei quali ciascuno può ritrovarsi.


Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol


Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol


Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol


Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol


Courtesy Fondazione Musei Civici Venezia

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Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol
Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol
Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol
Eva Jospin. Selva, Foto Benoi^t Fougeirol
Courtesy Fondazione Musei Civici Venezia
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