Veduta Golfo di Pozzuoli, Via Raimondo Annecchino ©luigispina
04/12/2025 - È stata inaugurata il 20 novembre 2025 al Museo Archeologico dei Campi Flegrei – Castello di Baia, a Bacoli, la mostra Campi Flegrei, la terra ardente. Di Luigi Spina, aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2026.
Un percorso visivo che restituisce, attraverso 25 fotografie, un ritratto intenso e stratificato di un territorio unico per geologia, storia e forza simbolica.
Un’indagine visiva sul paesaggio flegreo
Il progetto nasce da una ricerca sul campo avviata nel 2020 da Luigi Spina, e culmina in una narrazione per immagini che mette in relazione rovine archeologiche, natura vulcanica e tracce del presente. Le fotografie documentano siti come la Grotta della Dragonara, la Piscina Mirabilis, il Teatro di Miseno, l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, i Templi di Venere e Diana e il Tempio di Apollo sul Lago d’Averno, fino a Cuma, prima colonia greca del Mediterraneo occidentale.
La bellezza tra armonie e dissonanze
Spina esplora il paesaggio come una sequenza di contrasti, in cui l’antico convive con l’abbandono, e la natura con l’intervento umano. Nelle immagini si alternano rovine classiche e infrastrutture recenti decadenti, nuovi “ruderi” del progresso che si sovrappongono a quelli della storia. Un paesaggio in costante trasformazione, segnato dal bradisismo, dall’instabilità geologica e da una continua tensione tra permanenza e cambiamento.
Un paesaggio che diventa partitura visiva
«Se il paesaggio dei Campi Flegrei fosse musica sarebbe jazz», afferma Fabio Pagano, direttore del Parco Archeologico. Le fotografie sono lette come una partitura visiva, fatta di armonie dissonanti, pause e accenti, dove l’artista non cancella le note stonate, ma le include come parte del senso stesso della terra. «L’antico nei Campi Flegrei è contemporaneo per destino», continua Pagano, «le rovine scandiscono la vita quotidiana».
Un racconto tra memoria e contemporaneità
«La nostra prospettiva verso il progresso ha generato nuovi ruderi», riflette Luigi Spina nel suo testo di accompagnamento. Attraverso la fotografia, l’artista compone una mappa emotiva del territorio, dove la bellezza non è mai ostentata ma sottesa, mai statica ma viva. Un processo che privilegia l’analisi alla seduzione, la ricerca del senso più che dell’icona.
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