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Come Salvatori ha rivoluzionato il modo di progettare con la pietra naturale
Dai primi rivestimenti in marmo agli arredi sostenibili e Made in Italy. Gabriele Salvatori, CEO e Direttore Creativo, racconta il percorso di crescita del brand, da piccolo laboratorio a luogo di sperimentazione e innovazione
Autore: antonella fraccalvieri
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Gabriele Salvatori, CEO e Direttore Creativo Gabriele Salvatori, CEO e Direttore Creativo
28/10/2022 - Esplorare il marmo da un inedito punto di vista, plasmarlo come fosse morbido e fluido, sperimentare nuove tecniche di lavorazione, tutte artigianali e totalmente Made in Italy, con un approccio etico e sostenibile. A partire dagli anni ‘80 Salvatori ha rivoluzionato il modo di progettare con la pietra naturale, passando dalla semplice lavorazione alla produzione di rivestimenti e arredi in marmo.

Il marmo Salvatori per il premio ai designer vincitori degli Archiproducts Design Awards

Per il terzo anno consecutivo Salvatori è partner degli Archiproducts Design Awards nella realizzazione del premio destinato ai designer dei prodotti vincitori: un monolite in pietra Gris du Marais disegnato da Michael Anastassiades. Il disegno segue il linguaggio grafico del logo dei premi ADA, dando vita ad un oggetto monolitico che sembra essere in bilico, un solido austero al contempo lieve e leggero. 
 
Quando il team degli Archiproducts Design Awards ci ha contatto per la progettazione e realizzazione del premio per i designer, abbiamo accettato questa sfida con grande entusiasmo ma anche con la consapevolezza della responsabilità a cui andavamo incontro: ogni pezzo sarebbe finito nelle mani di affermati e riconosciuti professionisti del mondo del design. 
 
Il nostro primo pensiero per la progettazione è subito andato a Michael Anastassiades e con il nostro fidato team di artigiani toscani ci siamo messi al lavoro per realizzare degli oggetti che i vincitori potessero realmente apprezzare.
 
Ogni pezzo, ricavato da un singolo blocco di marmo, ha richiesto oltre quattro ore di lavoro combinando diverse macchine a controllo numerico e, ovviamente, una buona dosa di sapiente tocco manuale, come la rifinitura che da sola richiede oltre 40 minuti di cura e attenzione: un autentico mix di design, tecnologia, innovazione e tradizione millenaria di artigianato italiano.


La storia del marmo Salvatori affonda le proprie radici nel secondo dopoguerra in Versilia, sulla costa Toscana, a pochi passi dalle famose cave di marmo di Carrara. Qui nasce il primo laboratorio fondato da Guido Salvatori.

"All’inizio l’azienda era veramente piccola ed era difficile far tornare i conti", racconta Gabriele Salvatori, terza generazione alla guida del brand, "tanto che il vero momento di crescita iniziale avvenne solo anni più tardi, quando mio padre prese le redini e decise di investire in ricerca e innovazione. 
Le prime novità vennero apportate alle macchine per tagliare la pietra e l’introduzione di una nuova tecnica di lavorazione, lo spaccatello, che prevedeva di colpire il blocco in modo che cedessero le venature più deboli in modo da creare delle superfici con spacco a vista. Era una vera e propria novità in un mercato dominato dalle finiture lucide, che riuscì a prendere piedi, anzi, a diventare un successo globale qualche anno dopo. 
 
Sono queste le radici di una realtà che nel tempo si è espansa fino a diventare una vera e propria azienda di design. Di quel mondo, ci resta la voglia di sperimentare e innovare costantemente, e un’attenzione artigianale al prodotto, che viene curato fin nei minimi dettagli, oltre al rispetto di un approccio etico e trasparente che ci ha accompagnato negli anni. 

Così i marmi Salvatori hanno attraversato oltre 70 anni di storia, offrendo chiavi di lettura sempre diverse di un materiale senza tempo come il marmo.

Gabriele Salvatori, CEO e Direttore Creativo, racconta alla redazione di Archiproducts il percorso di crescita del brand, da piccolo laboratorio a luogo virtuoso di sperimentazione e innovazione.
 

In principio furono i rivestimenti, poi sono arrivati gli arredi e i complementi. Com'è avvenuto il passaggio dal mondo delle finiture al settore arredo?
Fin dagli anni ‘80 abbiamo avuto un approccio laterale al marmo, che andasse oltre i canoni già sedimentati. È stato da questa esplorazione di nuove modalità che sono iniziate le associazioni con altri materiali naturali, come il legno o ferro, che ci hanno permesso di uscire progressivamente dal mondo delle finiture. 
 
Si può dire che lo sviluppo di collezioni d’arredo sia la naturale proiezione di una nostra visione della bellezza e dell’abitare. Ci siamo mossi nella ricerca di un total look in cui l’arredo sposasse alla perfezione le texture e con le sfumature della pietra che lavoriamo, così da mantenere una cifra stilista comune che attinge al modernismo. 
Andiamo molto fieri di questo perfetto accordo fra elementi e materiali diversi all’interno dell’ambiente, che è una caratteristica difficile da trovare ed è frutto di un accurato lavoro di progettazione in sinergia con i designer. 
 
 
Negli anni Salvatori ha sperimentato nuove tipologie di prodotti che combinano marmo, acciaio, legno e pelle, come la rubinetteria Spaghetti e le sedute e il tavolo Flirt. Come nascono questi ultimi progetti? 
L'innovazione tecnologica e la ricerca sui materiali naturali è stata una guida costante negli ultimi decenni. Abbiamo il piacere di lavorare con grandi nomi del design italiano e internazionale che incarnano un senso estetico e una valorizzazione delle materie prime che si integrano perfettamente con la nostra visione. 
 
Con questa logica abbiamo confermato collaborazioni di lunga data, come quella con Elisa Ossino, che ha accolto con entusiasmo la proposta di creare una rubinetteria elegante e ultra sleek dove il marmo si fonde con il metallo. È stata una vera sfida perché siamo stati pionieri nell’elaborare un prodotto di design che prevede una cartuccia sottilissima, da 20 mm, la prima sul marcato.
 
Al contempo abbiamo avviato nuove partnership promettenti, come quella con Luca Nichetto. Con lui ci siamo addentrati in un territorio ancora poco esplorato da Salvatori, il cuoio, creando delle sedute e un tavolino veramente affascinanti. 
 

Le proposte Salvatori nascono dall’incontro tra un materiale prezioso come il marmo e la creatività degli architetti. Collaborazioni davvero numerose che oggi sono anche storie di amicizia. Chi è stato il primissimo designer di Salvatori? Ci racconti un aneddoto divertente dei primissimi tempi?
In un certo senso, il primissimo designer credo di essere stato io, quando alla fine degli anni ‘90 mi sono messo a sperimentare le texture sulla pietra lanciando da subito la collezione Bamboo, tutt’oggi in gamma e sempre una delle finiture più vendute, a cui si sono aggiunte nel tempo la collezione Dune, Lithoverde® e molte altre.
 
Per quanto riguarda la collaborazione con designer esterni, invece, John Pawson è stato il primo nome a cui ci siamo rivolti. Per me stato un vero e proprio “colpo di fulmine” professionale, nato a Hong Kong negli anni ‘90. Ricordo ancora che ero in aeroporto, nel lounge della Cathay Pacific, ed ero rimasto estasiato dalla cura dai dettagli e dalla bellezza di una semplice sala d’aspetto... ed ero assolutamente convinto che fosse opera di un architetto cinese. È stato solo al ritorno in Italia che ho scoperto che quello era un progetto famosissimo di John Pawson.

Così, quando qualche anno anni dopo, ho raccontato a Gilda Bojardi di Lithoverde® e lei mi ha proposto con entusiasmo di presentarla al Fuorisalone 2010 collaborando con uno degli architetti che avrebbero partecipato all’evento, non ho potuto fare a meno di dirle che volevo a tutti i costi collaborare con John. Gilda mi prese in parola e gli si attaccò come un mastino al polpaccio. Davvero, non gli diede tregua, finché lui non accettò di dare via all’ideazione di quella che sarebbe diventata una delle installazioni più iconiche presentate al Fuorisalone, la House of Stone, poi strapubblicata in molte riviste e quotidiani, come due copertine di El Croquis e di Interni, pagina intera sul Corriere della Sera e la prima pagina della Art section del New York Times. Ma non è questa la fine della storia: da quell’incontro nacque una collaborazione intensa e una splendida amicizia, per le quali io e John non ci stancheremo mai di ringraziare Gilda.
 

Chi ha disegnato le ultimissime collezioni?
Oltre a Elisa Ossino e Luca Nichetto, che abbiamo già menzionato, quest’anno abbiamo due splendide aggiunte alla Home Collection da parte di Piero Lissoni. La prima è Lighthouse, una casetta con un cuore di luce che arricchisce la collezione The Village, il piccolo villaggio multiculturale nato a seguito dei periodi di lockdown. Sempre di Piero, poi, è la Japanese Collection, una trasposizione in pietra naturale di ciotole di ceramica giapponese che modella in maniera sorprendente il materiale fino quasi all’estremo.
 
Rimanendo sempre sul tema della leggerezza, John Pawson ha ideato un coffee table davvero fuori dal comune, Omphalos. Nonostante le dimensioni molto ampie, il tavolo ha un design caratteristico che sembra quasi fluttuare nell’aria tutto da scoprire. 
 
Ultima, ma non meno importante, la nuovissima collezione Punto disegnata insieme ai designer George Yabu e Glenn Pushelberg. Si tratta di una collezione bagno agile e modulare, pragmatica per certi versi, ma al contempo divertente e dal forte impatto emotivo.
 

A settembre 2021 l’inaugurazione di una nuova boutique in via Palermo che si affianca allo storico spazio di via Solferino. In che modo questi spazi raccontano il mondo Salvatori?
Showroom e Boutique sono due spazi che si integrano a vicenda e che mostrano Salvatori nelle due dimensioni che la rappresentano, ovvero l’ambiente nella sua interezza da un lato e il singolo complemento dall’altro.
Se lo Showroom permette di camminare fra gli ambienti Total Look, apprezzando finiture e arredo con i complementi abbinati sotto la giusta illuminazione, la Boutique si pone come negozio per la vendita al dettaglio di tutti i prodotti della nostra Home Collection.
Con questi spazi vogliamo trasmettere la nostra idea di bellezza sincera e senza fronzoli, dove le linee senza tempo di ciascuno dei nostri prodotti mettono in risalto le qualità naturali dei materiali, per restituire l’idea di un lusso non ostentato.
 
Da Lithoverde®, la prima finitura in pietra naturale riciclata al mondo, al progetto Lost Stones, che recupera frammenti di lastre in marmo inutilizzate. Qual è l’approccio di Salvatori al tema sostenibilità?
Abbiamo iniziato a pensare alla sostenibilità già dal 1975, in ampio anticipo rispetto alle altre aziende, iniziando a intervenire sul processo produttivo con depuratore per il filtraggio dell’acqua per contenere l’impatto ambientale della lavorazione della pietra, sia in un’ottica di riciclo dell’acqua sia per ridurre la diffusione della polvere sottile creata durante il taglio della pietra. 
 
Quella stessa spinta la applichiamo anche alla creazione dei prodotti. Dove altri vedono un limite, io e la mia squadra vediamo una possibilità. È con questo spirito che siamo arrivati a brevettare Lithoverde® e a lanciare Lost Stones, perché siamo consapevoli che le risorse del pianeta sono limitate e il design può fare da apripista nel preservarle. 
 
Come dimostriamo giorno dopo giorno, insomma, la sostenibilità è parte integrante del nostro fare impresa e vogliamo darci come obiettivo non solo quello di migliorare sempre di più, lavorando su processi, prodotti e imballaggi, ma anche quello di porci come esempio per tutto il settore.

Salvatori su ARCHIPRODUCTS


Il premio ADA 2022 nella finitura Gris du Marais


Gabriele Salvatori negli stabilimenti Salvatori


Le lavorazioni artigianali del marmo Salvatori


Rubinetteria Spaghetti by Elisa Ossino


Tavolo e sedute Flirt by Luca Nichetto


Rivestimento Lithoverde


House of Stone by John Pawson


Japanese Collection by Piero Lissoni


Tavolini Omphalos by John Pawson


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Rivestimento Lost Stones

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