13/03/2020 - “Con un po' di amici abbiamo ragionato questi giorni su come potevamo tentare di trasformare una situazione veramente particolare anche in un'opportunità. Abbiamo pensato che uno dei modi è certamente quello di utilizzare strumenti come questo – facebook - per raccontare delle storie, per parlarsi. L'abbiamo fatto e lo stiamo facendo anche in Triennale ogni giorno alle 17, però abbiamo anche detto che forse potrebbe essere interessante darsi delle regole e pensare che, infondo, il fatto che siamo tutti nella nostra casa, potrebbe diventare l'occasione per metterci in gioco raccontandosi ciascuno, utilizzando quello che è a tutti gli effetti un tempo ritrovato, una dimensione che non è così facile avere nella vita quotidiana ordinaria, un tempo per riflettere su un pezzo della propria storia, della propria vita”.
Esordisce così Stefano Boeri nel presentare il suo 'esperimento' dal nome #temporitrovato.
Dal 9 marzo scorso, ogni giorno alle 19, in diretta sulla sua personale pagina facebook, l'architetto racconta un libro fra quelli che ha riletto e che considera più importanti per la propria formazione, intellettuale ed emotiva, “sperando che questo modo di scambiarsi idee e pensieri si diffonda e possa diventare un’occasione per tutti per ritrovare il proprio tempo interiore. Un#temporitrovato”.
“Nel cominciare questo gioco, quest'esercizio, mi è capitato di riflettere pochi giorni fa su un libro in particolare. Un libro che è stato importante per me, ma è stato importante anche per una parte della riflessione sulla città”.
“Mutations”, un progetto congiunto di Rem Koolhaas OMA e Harvard Project on the City, con il contrinuto di altri autori tra cui Stefano Boeri, esplora le condizioni urbane in tutto il mondo a cavallo del XXI secolo. “Racconta l'esplosione della dimensione delle città in tutta la parte del continente asiatico, racconta dello sviluppo velocissimo delle megalopoli e della grande trasformazione urbana in Europa.
Quel libro fu importante perchè diede inizio ad un periodo importante di riflessione sul senso della condizione urbana nel mondo”.
Il secondo libro presentato è romanzo “Il barone rampante” di Italo Calvino, scritto nel 1957, secondo capitolo della trilogia araldica I nostri antenati, insieme a Il visconte dimezzato (1952) e Il cavaliere inesistente (1959). Si tratta di un libro fondamentale nella storia della letteratura italiana del '900 che per Boeri ha costituito una specie di “ossessione fertile”.
“Un libro che è tornato di continuo nella mia vita: è tornato quando ho incominciato a ragionare sul Bosco verticale, è tornato quando, anche di recente, ragiono sulla grande visione di una città-foresta”.
Il terzo esperimento riguarda il saggio “Quattro modelli di futuro. C'è vita oltre il capitalismo” di Peter Frase.
Poche volte nella storia l’uomo si è trovato di fronte a un domani così incerto e dalle tinte così fosche. Tutti ci chiediamo: cosa succederà? Peter Frase risponde a questa domanda con questo libro energico, polemico, radicale, profondo e visionario in cui cerca di costruire quattro scenari a partire da alcune costanti fondamentali del presente.
Dispiegando gli strumenti delle scienze sociali e della finzione speculativa, Frase si chiede quale sarà l’impatto dell’automazione e come affronteremo la scarsità di risorse e le disuguaglianze sociali; e in un tour vorticoso attraverso fantascienza, teoria sociale e nuove tecnologie, propone quattro possibili modelli, alla ricerca della giusta misura tra promesse di benessere possibile e la paura della barbarie, sociale ed economica, in cui potremmo cadere.
Il quarto appuntamento riguarda “Foto dal finestrino” di Ettore Sottsass, una breve raccolta di 28 fotografie scattate dall'architetto durante i suoi viaggi e accompagnate da disascalie/riflessioni su architettura, urbanistica, società.
Un esempio fra tutti quello di Hong Kong, in cui, di fronte all’immagine di un albero in un cortile, Sottsass scrive:
A Torino conoscevo un vecchio artigiano restauratore di armadi laccati e doratore di grandi cornici del Settecento. Mi voleva bene e mi diceva sempre: “Architetto. Quando non sa più che cosa fare, ci metta uno specchio. Va sempre Bene.” Io sorridevo. Adesso, dopo più o meno cinquant’anni, dico a me stesso: “Ettore. Quando non sai più che cosa fare, mettici un albero. Va sempre bene.”
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