17/12/2013 - La redazione di Archiportale ha avuto l'occasione di intervistare l'architetto Massimo Alvisi, fondatore di Alvisi Kirimoto + Partners. Lo studio, fondato nel 2002 insieme a Junko Kirimoto, si è sempre distinto per un background dal respiro internazionale. Massimo Alvisi vanta nel suo portfolio collaborazioni con architetti del calibro di Renzo Piano, Massimiliano Fuksas e Oscar Niemeyer.
Recentemente avete vinto il concorso di idee “Historical Hanoi 2013″ per la riqualificazione dell’antico quartiere di Hoan Kiem. Ci racconta qualcosa del progetto e cosa rappresenta per il vostro studio affacciarsi sul panorama internazionale?
È un progetto al quale abbiamo lavorato tanto e con molte aspettative, conoscendo bene Hanoi. Infatti avevamo già lavorato alla realizzazione di un progetto per una piccola casa farmaceutica nella zona industriale della città. E poi avevamo prodotto, forti della nostra esperienza di vita in quella città, un progetto teorico di design che è stato premiato alla biennale democratica di Torino. Per cui abbiamo pensato, attraverso questo concorso, di completare l'esperienza rivolgendo il nostro sguardo a una dimensione più urbanistica e sociale.
È un’idea molto ambiziosa: chiudere una parte del centro al traffico, allargare l'area pedonale, creare un polo urbano costituito dalla nuova piazza, dal percorso culturale e da quello religioso, inframmezzato dalla promenade commerciale. E questo riassetto avviene nel "silenzio". Ma ovviamente abbiamo anche provato a rendere energeticamente più efficienti gli edifici, partendo dall'idea che la sostenibilità e l'efficienza rispondano soprattutto al rispetto dell'ambiente sociale e delle identità tipiche di quella cultura. Sostenibilità energetica "omeopatica".
Quale progetto ha rappresentato per voi la sfida più ardua come progettisti?
Certamente il progetto della cantina Podernuovo a Palazzone per Giovanni e Paolo Bulgari. Anche in questo caso la parte più complicata è stata il confronto con il territorio e con la natura. In teoria una lotta impari. Per cui invece di opporci alla natura l'abbiamo assecondata e accolta nell'edificio. Dopodiché l'architettura è dura ed essenziale. Cemento, ferro e vetro. Anche questa una scelta ardita per la Toscana.
Ci può dare qualche anticipazione su progetti futuri o attualmente in corso di realizzazione?
In questo momento stiamo completando il progetto di Grottaperfetta: centro civico, biblioteca, asilo nido, parco. Un concorso vinto circa 6 anni fa e di cui stiamo completando il definitivo per l'appalto in programma per l'anno prossimo. Stiamo lavorando su alcune grosse ristrutturazioni tra la Toscana, il Lazio e la Puglia.
Cosa ne pensa della situazione dell'architettura contemporanea in Italia?
La situazione italiana, e non solo, è estremamente difficile e bisogna avere molto coraggio a rimanere in Italia, soprattutto per i giovani architetti. Ma continuo a pensare che sia fondamentale investire in questo Paese e soprattutto investire nelle idee. Cercando di partire da temi legati al sociale, la riqualificazione ambientale e architettonica, il retrofit energetico. E bisogna partecipare a concorsi.
Cosa ha apportato in termini pratici e di concezione dell'architettura avere due background e due esperienze formative così diverse ( lei proveniente dalla Facoltà di architettura di Firenze e Junko Kirimoto dalla Kyoto Seika Univerisity)?
Il nostro è un percorso che si evolve e cambia ogni giorno ed è costruito su un confronto costante. Su due identità e culture diverse unite dall'idea della luce come elemento con cui lavorare per creare spazi. Il nostro confronto è poi sempre arricchito dagli altri partner (Arabella Rocca, Alessandra Spezia, Carolina Ossandon e Chiara Quadraccia), dalle loro esperienze internazionali, dalla conoscenza di culture diverse. Tutti elementi che convergono nel lavoro di team, alla base del nostro modo di lavorare.
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