21/10/2008 – Vent’anni di storia, diciotto allestimenti ed altrettante firme dell’architettura internazionale: questi gli ingredienti della mostra “Omaggio a Palladio”, attualmente in corso a Vicenza fino all’11 gennaio 2009.
Al cuore dell’evento un interrogativo: quale sarà il futuro della basilica dopo il restauro? Per rispondere a questa domanda, Abacoarchitettura e il Comune di Caldogno (VI) hanno pensato di raccontare attraverso foto, disegni originali, modelli ed elementi di arredo le più significative rassegne di architettura ospitate nella Basilica Palladiana di Vicenza a partire dal 1985. Sede dell’esposizione la palladiana Villa Caldogno.
Protagonisti della mostra i lavori di Mario Botta, Renzo Piano, Gino Valle, Gianugo Polesello, Tadao Ando, Gabetti & Isola, Sverre Fehn, Oswald Mathias Ungers, Alvaro Siza, Franco Purini, Toyo Ito, Steven Holl, Alberto Campo Baeza, Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa e tre progetti inediti, mai giunti a compimento, firmati Frank O. Gehry, Francesco Venezia, Eduardo Souto de Moura.
L’allestimento di “Omaggio a Palladio” sarà quello ideato da Steven Holl nel 2002 per la monografica a lui dedicata. Un catalogo, appositamente redatto da Electa, approfondirà i temi della mostra ospitando i saggi di Sergio Polano e Donata Battilotti e una presentazione di Francesco Dal Co.
Un ciclo di conferenze tenute dagli stessi progettisti espositori, costituirà un momento di interessante confronto sui temi cardine dell’architettura contemporanea nelle sue più varie declinazioni. Primo relatore, il 4 ottobre passato, Mario Botta, con una lectio intitolata “Il sodalizio tra urbanistica e creatività”. Gli incontri avranno luogo per tutta la durata della mostra presso il nuovo Nuovo Teatro comunale di Vicenza.
“Chi studia e scrive di Palladio non può farlo pensando di averlo conosciuto solo attraverso i libri e le immagini. L’opera di Palladio va vista dal vivo. E gli architetti dovrebbero avere l’umiltà di venire qui in Veneto e a Vicenza ad osservare il manufatto del grande architetto in scala uno ad uno - ha asserito Mario Botta -, Palladio si erge come un Everest nel suo rapporto con il paesaggio, quello urbano come quello della campagna veneta. Per questo dico che non si può prescindere dal visitare i luoghi in cui la sua opera diventa un unicum con il contesto in cui è inserita”.
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