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Da ex tipografia a galleria d’arte contemporanea
In provincia di Vicenza nasce l’Atipografia: una sede da 800 mq e un concept innovativo. Il progetto di Studio AMAA
Autore: rossana vinci
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Ph. © Simone Bossi Ph. © Simone Bossi
24/01/2023 - Nasce una nuova galleria d’arte contemporanea in Veneto, ad Arzignano, in provincia di Vicenza. Si chiama Atipografia Threshold and Treasure e il progetto è dello studio AMAA (fondato da Marcello Galiotto e Alessandra Rampazzo nel 2012). Lo studio veneziano ha convertito la vecchia sede da 800 mq di una vecchia tipografia in una galleria dal concept innovativo.

"Threshold and Treasure” mette in discussione il ruolo della soglia e del tesoro nel mondo dell’arte, dell’architettura e, nello specifico, delle gallerie quali spazi per esporre. È proprio nello spazio della soglia che si dispiega il significato dell’intero progetto di restauro: l’ingresso diviene dunque al tempo stesso opera e dispositivo urbano. Lo spazio si disvela gradualmente, secondo una sequenza serrata di attraversamenti, soglia dopo soglia, lasciando alle spalle il caos del contesto urbano: una quiete necessaria appositamente ricercata per accogliere l’arte. Elemento chiave nella ri-organizzazione della sintassi delle stratificazioni presenti per rileggere in modo chiaro i passaggi del tempo è la scala esterna, che libera la palazzina liberty dal contatto diretto con l’addizione novecentesca”, spiegano i progettisti.

Nel volume vetrato di ingresso si intravede una scala che conduce ad un livello superiore. Questa presenza rivela un’importante operazione progettuale che ha permesso all’edificio liberty -ora residenza temporanea dedicata agli artisti- di “liberarsi” dal contatto diretto con l’addizione novecentesca e dunque essere, in quella specifica posizione, elemento chiave nella ri-organizzazione della sintassi delle stratificazioni presenti per rileggere in modo chiaro i passaggi del tempo. La separazione degli elementi (la palazzina ed il capannone) si è configurata come uno strappo necessario: la parete, non rifinita in nessun modo, trasmette la forza di questo distacco, poi mitigato dalla connessione stabilita dalla nuova rampa. La scala con la trave parete in cemento armato costituiscono così un ulteriore dispositivo, una soglia tridimensionale, che porta ad un altro tesoro, il giardino. Questo spazio verde si rivela una sorta di “panopticon” dal quale, tra gli alberi, è possibile scorgere lo spaccato del centro storico Veneto costituito da una miscellanea di stili e colori che, pur nella loro discutibile complessità, costituiscono un arazzo contemporaneo. Si tratta di una scenografia che costituisce una sorta di opera d’arte spontanea, definitasi con l’avvicendarsi di architetture senza architetti (per citare Bernard Rudofsky) che contribuisce alla memoria e alla tradizione del luogo e, per questo, deve essere riletta con orgoglio. 

"Un’ultima soglia si varca, infine, per entrare nell’atelier: una grande porta scorrevole in acciaio naturale annuncia un ulteriore infisso pivotante che dà finalmente accesso ad uno spazio candido. Il volume di cemento armato lasciato a vista sul lato esterno è caratterizzato all’interno da continue superfici bianche, che si stagliano su un pavimento di elementi in legno recuperato da un asilo del Borneo e arricchito da incisioni che riportano al domestico la dimensione dell’intero edificio. La copertura, nella geometria e nei materiali, con un denunciato esiguo spessore, coniuga i caratteri dell’architettura rurale tradizionale veneta con le peculiarità degli edifici di natura produttiva (che insieme al ferro e legno è l’unico materiale dichiarato contemporaneo). Ha così origine un luogo dedicato agli artisti della collezione permanente, un luogo che di fatto incarna la poetica della curatrice Elena dal Molin, mecenate contemporaneo che fa dell’esperienza, della condivisione e della ricerca dell’estetica i fondamenti della propria attività: committente perfetto per l’architetto", continuano gli architetti.

Dall’interno, ancora una volta, si coglie l’attenzione per una costante connessione con il paesaggio, attuata grazie ad un'ampia apertura di dieci metri definita da infissi scorrevoli. L’arte si proietta dunque verso l’esterno. 

Al piano terra, si ritrova infine il giardino con il suo tortuoso percorso: anche l’uscita rappresenta una scoperta. Solo a questo punto, si colgono ulteriori dettagli, come la panca che invita a soffermarsi sull’esperienza condotta e discuterne, ancora per qualche minuto, prima di riavvicinarsi al dispositivo per eccellenza, “Threshold and Treasure”, ed uscire da questa particolare dimensione atavica che il progetto ha messo in scena grazie alla collaborazione tra arte, memoria e luogo. 

  Scheda progetto: ATIPOGRAFIA Threshold and Treasure
Simone Bossi
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