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Nell’Antropocene, come si evolve il rapporto corpo-paesaggio?
Giovedì 18 febbraio il primo appuntamento con le giornate internazionali di studio sul paesaggio 2021
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Black Circle Square, opera di Massimo Bartolini Black Circle Square, opera di Massimo Bartolini
02/02/2021 - In un momento storico nel quale la misura delle distanze fisiche e la forza delle rappresentazioni virtuali procedono in direzioni opposte, le Giornate internazionali di studio sul paesaggio 2021 esplorano o ripercorrono momenti e pensieri nei quali la cultura e la pratica del paesaggio guardano, o hanno guardato, al nostro corpo come presenza attiva, soggetto imprescindibile di un mondo che si trasforma e si rivela grazie alla nostra fisicità. 

Temi intensi e di grande attualità, quelli che la Fondazione Benetton Studi Ricerche ha deciso di sviluppare nella diciassettesima edizione delle Giornate internazionali di studio sul paesaggio, progettate dal Comitato scientifico, con il coordinamento di Luigi Latini e Simonetta Zanon, e in programma, in versione online, sulla piattaforma Zoom, con traduzione simultanea in italiano e inglese, nei pomeriggi di giovedì 18, venerdì 19, giovedì 25 e venerdì 26 febbraio, a partire dalle ore 17. Le giornate, che vedranno la partecipazione di importanti esperti di discipline diverse, avranno una coda con altri appuntamenti nei mesi successivi, perpetuando la riflessione sul tema del paesaggio, nelle sue diverse declinazioni, come una delle costanti dell’attività di ricerca e divulgazione della Fondazione Benetton studi Ricerche.

Le quattro giornate si articolano in sessioni, secondo uno schema che non vuole separare ambiti e contesti che per loro natura vivono intrecciati, ma che si propone di evocare, per parole chiave, alcune direzioni possibili da esplorare attraverso quelle che sembrano anche coordinate imprescindibili attorno alle quali si organizza la nostra presenza nei luoghi.

Giovedì 18 febbraio alle ore 17, la prima delle quattro giornate è focalizzata “nell’immaginario”, con interventi di Marc Treib, professore emerito di architettura presso l’Università della California, Berkeley; Massimo Bartolini, artista e Matteo Frittelli, regista; e Nicolas Vamvouklis, curatore.

La sessione è preceduta dall’introduzione di Luigi Latini e Simonetta Zanon, curatori delle giornate, e dalla proiezione del cortometraggio di Marco Zuin, Corpi, paesaggi, realizzato per questa occasione sul tema delle giornate di studio.

Poesia e sano realismo nella visione di Marc Treib, che, dopo aver annotato come «Tutti i sensi trovano stimoli nel paesaggio: il suono del vento attraverso l’erba o sull’acqua, la fragranza dei fiori o delle foglie in decomposizione, la sensazione della corteccia, liscia o ruvida, dell’albero e persino il gusto, sebbene probabilmente attraverso il naso più che attraverso la bocca», appunta che «la sepoltura nel cimitero dimostra il legame definitivo e duraturo tra il corpo e il paesaggio». 

Nicolas Vamvouklis, curatore di arte contemporanea, direttore di K-Gold Temporary Gallery, Grecia, rifletterà sui Paesaggi performativi. Presenza e corporeo nelle pratiche artistiche contemporanee. Il contributo indaga l’intima relazione tra arte performativa e paesaggio osservando le principali opere d’arte di Ana Mendieta, Joan Jonas, Zhang Huan e Julius von Bismarck. Quattro artisti che pongono il proprio corpo al centro della propria ricerca come laboratorio di produzione di nuova conoscenza ed esperienza comune. 

Sul tema porterà la sua originale esperienza e visione anche Massimo Bartolini, concept artist toscano, che racconterà la sua Black Circle Square, opera ispirata al dipinto Black Circle dell’artista russo-ucraino Kazimir Malevic (1878-1935), realizzata per l’Emscherkunst 2016, utilizzando il serbatoio d’acqua dei Vigili del Fuoco al confine tra Dortmund e Castrop-Rauxel. Un cerchio nero, coincidente con il serbatoio idrico, è inscritto in una grande piattaforma bianca quadrata. La composizione rappresenta una sorta di giardino senza alberi, un paesaggio da pulire e curare regolarmente, nel quale l’immersione fisica che sta al centro della performance, e che grazie alle immagini del regista Matteo Frittelli si può replicare all’infinito, parla dell’evoluzione di un luogo, del ruolo attivo che tutti possono avere e di un cambio di paradigma possibile, verso una riconciliazione con la natura e il paesaggio di cui facciamo parte, necessaria e possibile anche grazie agli strumenti propri dell’arte.


 

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