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20/09/2016 - La porta è un elemento fondamentale dell’architettura di interni, in grado di offrire ad architetti e designer ampi spunti creativi. Gli innumerevoli usi metaforici del suo nome nel linguaggio comune rendono manifesto il costante dilemma tra la nostra necessità di privacy e la contrapposta voglia di socialità. Parlare di porte di interni è ormai riduttivo, vista la complessità di un prodotto diventato nel tempo un duttile sistema di chiusura all’insegna del taylor made, offrendo materiali e forme sempre diversi, per rispondere in maniera efficace e flessibile alle esigenze dell’architetto.
Il Gruppo Porte di EdilegnoArredo, che riunisce le aziende operanti nel settore produttivo delle porte interne, ha chiesto a quattro creativi di punta una riflessione sull’esigenza sempre più diffusa di avere un prodotto “unico”, e sulla capacità tutta italiana di interpretare la cultura attraverso un progetto. I contributi di Duilio Forte, Marco Romanelli, Matteo Scagnol e Cino Zucchi concordano su un punto: l’innovazione tecnologica è la chiave di volta, e da questo punto di vista le aziende italiane fanno scuola.
“È un luogo di confine: e come tutti i luoghi di confine, ha qualcosa di magico” sintetizza Duilio Forte, artista di origine italiana e svedese, che svolge attività di ricerca nel campo dell’arte con particolare attenzione alla dimensione spaziale. La forma triangolare del logo del suo studio fa riferimento al Delta, quarta lettera dell’alfabeto greco dai contenuti simbolici che richiamano al termine “porta”, quindi apertura e passaggio. Una fascinazione con ragioni precise. “È un oggetto che ci consente di concentrare la nostra attenzione sullo spazio. E quindi su delle idee precise di mondo. A me piace agevolare questa concentrazione utilizzando una forte asimmetria tra gli spazi che vengono separati. Mi piace il gesto ampio del corpo mentre apre una porta, crea sacralità”. La porta può rispondere a principi di casualità, ma mai di provvisorietà: “Perseguo l’idea che gli oggetti non siano usa e getta, bensì costruiti valutando bene gli elementi estetici e di qualità. Il made in Italy, da questo punto di vista, è una garanzia di qualità di fondo. Soprattutto quando si utilizzano materiali che appartengono alla nostra tradizione, e si punta sulla capacità di interpretare la cultura attraverso un progetto”.
Parlare di porte di interni è ormai riduttivo, vista la complessità di un prodotto diventato nel tempo un duttile sistema di chiusura all’insegna del taylor made, offrendo materiali e forme sempre diverse, per rispondere in maniera efficace e flessibile alle esigenze dell’architetto. La voglia di personalizzazione si manifesta nell’esplorazione di ogni possibile variazione cromatica e materica. Ma quanto è diffusa l’esigenza di avere un prodotto “unico”? Secondo Marco Romanelli, architetto e progettista, il mercato va nettamente in questa direzione: “io disegno per ogni interno una porta diversa, riflettendo sugli ambienti che deve collegare. La soglia fra un salotto e uno studio è ben diversa fra quella fra cucina e bagno. Cito spesso un bellissimo pensiero di Carlo Scarpa, che vedeva una correlazione fra la larghezza degli spazi e i materiali utilizzati: più lo spazio era stretto, più il materiale doveva essere nobile e ricco”. La porta non è mai un elemento banale: rimarca un passaggio. “È come lo stacco, in un film, da un tipo di racconto a un altro. Lo spazio aperto non è necessariamente sinonimo di libertà. Credo molto nell’importanza di una dialettica costante fra l’essere umano e le misure che lo circondano”. Anche la componentistica diventa sempre più sofisticata.
Una porta deve essere quindi in linea col progetto architettonico, e va concepita contestualmente con il disegno generale. “Le mie porte contengono sempre un dettaglio, spesso grafico, che richiama al progetto, come un messaggio in codice, un segno distintivo”. Per Matteo Scagnol la parola d’ordine è coerenza, estetica e di pensiero. Nel 2001 insieme a Sandy Attia fonda lo studio MoDus Architects con sede a Bressanone. I loro progetti sono stati presentati alle ultime tre edizioni della Biennale di Architettura. Sua la progettazione del Polo per l’Infanzia Firmian, a Bolzano, selezionato quali esempi migliori di edilizia scolastica: tre strutture integrate all’interno di un unico edificio, nel quale tale convivenza permette separazione e interazione. “In questo caso le porte sono state concepite non come soglie, ma come collegamenti fra uno spazio e l’altro, coerentemente con una didattica che presuppone apertura, e quindi trasparenza visiva e flessibilità degli spazi”. Scagnol ha curato, fra l’altro, l’allestimento della mostra Building the Expo, una rassegna delle architetture più interessanti di EXPO 2015. Un focus sul meglio di quello che l’Italia può offrire in termini di sforzo progettuale e capacità esecutiva, con particolare attenzione dedicata alla relazione tra identità nazionale e scelte progettuali. Per quanto riguarda le porte di interni, Scagnol si dice affascinato dalla sorpresa che scaturisce dalla combinazione inedita di forme e materiali. “La creatività non si esprime soltanto in forme e materiali che si discostano dalla norma. Basti pensare all’effetto che fa una porta in cemento, all’apparenza pesante, che si apre con un dito. O a come il concetto di porta si adegua ai grandi spazi condivisi, adattandosi armonicamente a essi. L’innovazione tecnologica è la chiave di volta, e da questo punto di vista le aziende italiane fanno scuola”.
Sulla stessa linea Cino Zucchi, tra i più noti progettisti italiani nei campi dell’architettura e del disegno urbano: “Molti tentativi di redesign di porte hanno cercato di variarne la natura attraverso l’inserimento di elementi “artistici” quali pannelli decorativi in vetro o fasce di materiali preziosi. Io credo invece che bisogni lavorare su di una dimensione più precisa, che veda l’innovazione non come applicazione di elementi “altri”, o la reinvenzione totale dell’oggetto porta, ma piuttosto come riflessione tecnologica e formale sui suoi dettagli”. Temi come quelli della superficie dell’anta, della maniglia, del battente e del suo profilo, del rapporto tra telaio e muro, nei quali apparentemente è stato “detto tutto”, possono rivelare ad uno sguardo più attento temi di grande interesse. “La fluidità e il carattere informale dei nuovi modi di abitare lo spazio domestico faranno da sfondo a una nuova generazione di architetti e designer, che si cimenteranno su temi di sempre con atteggiamenti, sguardi e concetti sempre nuovi.”
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