16/12/2011- A Roma la Galleria Embrice inaugura oggi, 16 dicembre, la mostra “Franco Purini: bianco e nero. Nove disegni per una città”, una mostra a cura di Carlo Severati. Nove cartoncini appoggiati su tavole di legno per “percorrere la strada dell’interpretazione e della genealogia; delle fonti, se vuole. Con l’eventualità di perdersi nei meandri dell’intelligenza della cultura”.
Nei nove disegni di Franco Purini, che certamente contengono matematica, e potenzialmente musica, possiamo trovare pacificatori riferimenti letterari e musicali. I disegni per una città, presentati con il titolo bianco e nero ripropongono più in generale una Stilfrage, un interrogativo sullo stile, anzi, più interrogativi.
Alla base del disegno la scelta del cartoncino schoeller, che - nell'era dell'ordinateur - non è volutamente anacronistica. Per Franco Purini è anche il razionale avvio di una scissione ossessiva: la push button age dei primi anni Settanta e la sua attuale transizione nella touch screen age. L'architetto può sopravvivere accettando la schizofrenia di questa struttura duale del rappresentare.
Pausa, ripresa, graduazione, lotta sono figure retoriche usate da Athanasius Kircher nel 1650, nel suo Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni, che tratta temi matematico musicali.
Un testo recentemente identificato come possibile fonte per Arte della fuga di Johan Sebastian Bach; opera forse coeva delle 30 Variazioni Goldberg. Alla Arte della fuga Raymond Queneau accosta i suoi Esercizi di Stile del 1942 .
Potremmo quindi, se fosse legittimo, qualificare i nove disegni di Fanco Purini che EMBRICE espone, e che certamente contengono matematica, e potenzialmente musica, trovare pacificatòri riferimenti letterari e musicali, usando il sostantivo variazione come guida.
Giovani allievi del Professor Purini si sono cimentati, sulla traccia panovskyana, nello studio di analogie strutturali fra progetto moderno e musica contemporanea.
Tuttavia i Nove disegni per una città, presentati con il titolo BIANCO E NERO ripropongono più in generale una Stilfrage, un interrogativo sullo stile; ma di più: molti interrogativi.
Suona telematicamente da un Ipad l’allarme di casa e frettolosamente lasciamo gli schoeller 50X70 che stavamo guardando di traverso, per cercare le cancellature fatte a lametta. Gillette blue, per la precisione, perché fanno il taglio netto quando le rompi.
Fuori dalle bianche stanze e dal piancito alberato ( porfido e tessere a giro di marmo bianco, una delle mille copie del parterre d’ingresso di Libera all’EUR, dalle tegole in pietra delle chiese rainaldesche di Piazza del Popolo ) ci accoglie la città reale, con la qualità edilizia e la overdose di traffico del Quartiere Trieste di Roma. All’angolo, sotto la madonnina ristrutturata qualche decennio fa, e quindi dimentica di quella qualità, è stata rimossa la carrozzina di latta nella vetrina sotto l’immagine sacra: nei primi anni 1970 un autobus la investe con due gemelli dentro, la schiaccia, i gemelli si salvano.
La scelta dello schoeller, confermata definitivamente in contemporanea all’avvio dell’uso sistematico dell’ordinateur nello Studio Purini Thermes , non é volutamente anacronistica. Significa piuttosto la scelta di un sentiero difficile nella poca cellulosa usabile- spessa meno di un millimetro- che costituisce un parametro costante di riferimento per la fatica per realizzare un rendering animato o per processare un file da tre giga per la stampa.
Per Franco Purini è anche il razionale avvio di una scissione ossessiva: la push button age dei primi anni 1970 e la sua attuale transizione nella touch screen age facciano pure il loro corso. L’architetto può sopravvivere accettando la schizofrenia di questa struttura duale del rappresentare.
Migliaia di pagine di croquis, centinaia fra note e saggi, migliaia di disegni bianco e nero e a colori su diversi supporti. Fra questi, moltissimi disegni descrittivi, di progetti spesso realizzati, documentati nei disegni dello Studio Purini-Thermes, una parte dei quali ( 16.000 pezzi ) identificata e schedata.
Distinti da ciò, più di 700 disegni su cartoncino schoeller.Ma c’è anche una struttura duale del fare. Un Accademico: Architetto del Principe, ( oggi il Mercato, o l’Amministrazione o qualche frammento residuo di borghesia intelligente che apprezza il valore aggiunto del progetto) al tempo stesso si applica all’esercizio quotidiano di riconoscere sé stesso: come in una vestizione settecentesca la scelta di una fibbia o nell’opera la scelta del colore di un inchiostro. Testimonianza di una dedizione, è la parola, vegliata e condivisa da Laura Thermes. Tanto che un altro titolo poteva essere disegni per la città di Laura.
Fonte: Ufficio Stampa Galleria Embrice
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