17/04/2020 - Emergenza Coronavirus. Inizialmente lo si leggeva come un pericolo lontano e si guardava alla Cina come l’unico paese a poter essere colpito. Subito dopo viene, però, coinvolta l’Italia, da subito gravemente...e adesso tutto il mondo è in emergenza.
In questo periodo di lockdown e di lavoro da casa, abbiamo chiesto a Massimo Iosa Ghini come stia affrontando questo momento storico, non solo dal punto di vista professionale.
Come crede che il nostro paese stia affrontando questo momento? Quali sono a Suo avviso le prospettive? Ha dei suggerimenti da dare alle istituzioni? L’impressione è che lo scontro al momento sia impari, abbiamo avuto una reazione relativamente veloce ed è stato attuato un lockdown che ci auguriamo tutti funzioni, ma certamente paragonato a quello cinese è meno incisivo. Come ha detto più volte Ricciardi, era impensabile una chiusura totale effettiva ...l’andamento di decrescita sarà necessariamente più lento... più lungo.
Senza addentrarmi in problematiche specialistiche relative ai test, che è opinione comune debbano essere estesi, ritengo utile e necessario incentivare lo smart working: dove non determina differenze di produttività è opportuno si rimanga in smart working e si provveda invece ad attrezzare seriamente chi va al lavoro fisicamente.
Come sta vivendo personalmente il Lockdown? Passo la giornata davanti a due schermi con di fianco un blocco e una matita, sostanzialmente ho riprodotto la situazione fisica che ho in ufficio. Dal punto di vista di un progettista non cambia molto, la vera differenza sono le riunioni che sono on web e l’incremento di telefonate e scambio di file, ma sostanzialmente si potrebbe procedere anche in smart working come stiamo facendo.
Il problema è che quando hai finito di progettare devi realizzare. I cantieri sono hold on ….ma si lavora su concept futuri.
Il design che era pronto per il Salone del Mobile non ha bisogno ora di nuovi prodotti, ma lavoriamo su prodotti di conversione industriale come una maschera protettiva che abbiamo ideato e stiamo prototipando e ottimizziamo tutti i progetti che erano già in fase finale.
Personalmente vivo il periodo con la sensazione di un ridisegno complessivo del pianeta che prenderà vari aspetti, si intrecciano il tema della salvaguardia delle risorse, della difesa da agenti esterni che genera un ripensamento globale di tutto ciò che abbiamo progettato fino ad oggi.
Come ha organizzato il suo spazio di lavoro? Ho un grande tavolo diviso in una parte più gestionale, con diversi schermi e un tavolo “analogico” dove tengo le matite, la carta e i colori. Quando devo rappresentare, lavoro sulla carta e mando delle foto in WhatsApp, è un continuo ping pong con mio fratello che coordina il gruppo di modellatori 3D.
Come impiega il suo tempo quando non lavora? Ho un terrazzo e quando c’è il sole ascolto gli uccelli che sono prevalenti in questo periodo sul poco rumore del traffico, mi metto la cuffia e ascolto musica guardando la città vuota come in un film di Lars von Trier.
Disegno cose immaginarie e senza speranza di nascere, faccio palestra, gioco col cane, mi piace stare in garage a riparare cose che non funzionano per recuperarle, ho acquistato un mini impianto fotovoltaico e lo sto montando, mi aiuta a capire fino in fondo l’essenza tecnica del solare.
Quale libro sta leggendo? Leggo un libro che parla di verde, Manifesto del Terzo paesaggio di Gilles Clément.
Quali sono le Sue speranze? Spero che il mondo trovi un seguito a questa emergenza che darà certamente una sensibilità maggiore verso il valore e la qualità della vita che ci è data e di fare parte di questo nuovo rinascimento.
Ha dei suggerimenti da dare a colleghi e non? Dopo la abbuffata di archistar abbiamo vissuto una sorta di rinuncia a sé stessi, essere architetti invece è essere intellettuali ed esprimere delle opinioni.
Cerchiamo di non essere troppo neutri per non affrontare mai una discussione.
Proponiamo!
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