©foto Roberto Marossi
05/02/2020 - Fondazione Prada presenta “Storytelling”, una mostra personale del pittore cinese Liu Ye a cura di Udo Kittelmann, dal 30 gennaio al 28 settembre 2020 presso la galleria Nord nella sede di Milano.
Il progetto espositivo, inaugurato per la prima volta a Prada Rong Zhai a Shanghai nel 2018, prosegue a Milano e include una selezione di 35 dipinti realizzati a partire dal 1992.
A Shanghai, le opere di Liu Ye interagivano in modo armonico con gli arredi, le decorazioni e i colori originali della storica residenza del 1918, instaurando un rapporto simbiotico con gli spazi intimi e le piccole stanze di Prada Rong Zhai.
A Milano, i suoi dipinti generano un contrasto cromatico e materico con le pareti di cemento e l’architettura industriale di Fondazione Prada, attivando una nuova sequenza narrativa e un enigmatico contrasto con gli ampi spazi espositivi.
La dislocazione geografica contribuisce a focalizzare l’attenzione sull’abilità di Liu Ye nel creare un universo pittorico personale, che non si inserisce in nessun movimento artistico specifico.
L’immaginario intimo e sensuale di Liu Ye trova le sue molteplici fonti di ispirazione nella letteratura, nella storia dell’arte e nella cultura popolare del mondo occidentale e orientale, dando vita ad atmosfere che evocano introspezione, purezza e sospensione. Nella sua pratica artistica coesistono racconto fiabesco e ironia, percorsi da una vena parodistica. A proposito della sua produzione, Liu Ye ha sottolineato che “ogni opera è un mio autoritratto”.
In una combinazione di fonti ed elementi diversi, nelle sue tele si possono identificare diverse forze creative: memoria, osservazione, immaginazione e formazione artistica. Le sue opere sono pervase da una sorta di ambiguità sospesa tra due mondi: realtà e invenzione. Nel corso del suo percorso Liu Ye ha sviluppato un universo personale, al contempo accessibile e impenetrabile, che si potrebbe descrivere come una realtà soggettiva.
La cifra stilistica propria del primo approccio di Liu Ye corrisponde a una collisione di anacronismi, tipica dell’individuo immerso in una cultura straniera: i motivi dell’arte moderna sono combinati a citazioni dei grandi maestri, e riferimenti alla cultura occidentale sono associati a icone della tradizione cinese. La natura autobiografica dell’opera assume connotazioni diverse alla fine degli anni Novanta, quando l’artista lascia l’Europa per tornare nel suo paese natale. La sua arte è un mezzo per investigare e scoprire se stesso, in un contesto fondato sullo scambio reciproco tra produzione artistica e vita quotidiana.
“Sebbene non sia mai diventato un artista astratto, ciò che mi interessa è rendere essenziale il carattere narrativo e tendere alla semplificazione”, dichiara Liu Ye. Il suo immaginario non evolve secondo un sistema lineare o logico, ma si basa sul contrasto, come in un collage di forme e linguaggi diversi.
Come ha dichiarato Udo Kittelmann, “percepisco l’opera di Liu Ye come un messaggio pittorico sensibile che passa tra due mondi spesso considerati contraddittori: cultura occidentale e tradizione orientale. La sua pittura ha subito suscitato in me un grande interesse perché esprime una costellazione dialettica. Crea una relazione non solo con i complessi sviluppi della cultura in Cina, ma si fa testimone di una profonda conoscenza della storia culturale e pittorica europea. Le sue immagini affondano le proprie radici nei movimenti artistici e intellettuali tanto occidentali quanto orientali, facendo convergere le forze del passato e del futuro”.
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