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Noses Architects: una vincente 'alleanza' italo-siriana
Conversazione con Mohamed Keilani e Luca Gasparini
Autore: cecilia di marzo
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25/07/2013 - Mohamed Keilani (Damasco, 1979) e Luca Gasparini (Roma, 1977) sono i Noses Architects. Due giovanissimi progettisti che hanno esordito nel 2005 vincendo il concorso "In_side" per l'allestimento di una mostra nella Casa dell'Architettura di Roma. Da quel momento il loro percorso, fatto di progetti prevalentemente di interni, fra Damasco e Roma, è stato una continua ascesa. 

La Redazione di Archiportale ha scelto loro per iniziare una serie di “conversazioni” con gli studi italiani che si stanno affermando negli ultimi anni in ambito nazionale e non e a cui abbiamo rivolto qualche domanda.

Noses” architects...un nome singolare per uno studio di architettura...da cosa deriva?
In un pomeriggio di settembre del 2005, dopo aver passato inutilmente un’intera giornata a cercare un nome alla ‘moda’, quasi abbattuti a un certo punto ci siamo guardati, è stato un istante. Dopo una lunga risata abbiamo deciso di omaggiare i nostri ‘profili’ importanti. Da quel giorno sono nati i Noses, i ‘Nasi’ per gli amici.

Negli ultimi mesi i vostri progetti, e in particolare Kook, sta facendo il giro del mondo. Segnalato dalle maggiori riviste internazionali di design, è tra i finalisti del 2013 Restaurant & Bar Design Awards. Quale secondo voi il motivo di questo successo?
Kook
è un progetto in cui credevamo molto sin dall'inizio. I numerosi riscontri positivi ai quali oggi assistiamo in Europa e nel mondo ci rendono molto orgogliosi. Questo perchè in Kook si concretizza, in maniera più evidente rispetto agli altri progetti, quello che secondo noi è il segreto del nostro successo. L'utilizzo di materiali riconducibili alle due nostre culture, italiana e siriana, costituisce il suo punto di forza. Un luogo dove cementine arabeggianti si incontrano con elementi di design, entrambi resi con la stessa forza e senza la pretesa di prevalere l'uno sull'altro, ma piuttosto con l'intento di convivere armoniosamente per creare uno spazio nuovo in cui due mondi si incontrano. Simbolo di questo incontro è l'ulivo, tipica pianta del mediterraneo, posta al centro del ristorante. Ed è proprio questa unione di idee e di materiali, questa ricerca di un punto di contatto e non di contrasto tra diverse culture e differenti concezioni degli spazi e degli arredi, che si pone quale fondamento del nostro lavoro in studio, a contribuire a mio parere al nostro successo.

Tutti i vostri progetti, quasi avessero il marchio “Noses”, sono immediatamente riconoscibili. Qual è il filo conduttore che li anima?
Non abbiamo un vero filo conduttore. Ogni progetto si presenta come una nuova sfida. Che sia un ristorante, un negozio, un appartamento...è indifferente, analizziamo ciascun spazio allo stesso modo. Se dovessimo trovare un trait d'union lo si può cercare nell'accostamento di materiali diversi o nel gioco dei volumi e nella valorizzazione della luce naturale, elementi caratterizzanti in gran parte dei nostri progetti.

Qual è la mission architettonica di Noses Architects?
"Il bello di essere architetto è che puoi camminare nei tuoi sogni", disse Harold Wagoner. Una frase che abbiamo fatto nostra, e quando nei nostri stessi sogni camminano soddisfatti clienti, amici, familiari è a quel punto che ci consideriamo realmente felici di aver raggiunto il nostro obiettivo.

A quali nuovi progetti state lavorando? In Italia, all'estero?
In questo periodo ci stiamo dedicando a progetti di tipo residenziale, dai casali ad appartamenti in vari quartieri di Roma. In autunno invece partirà un progetto di un ristorante romano, a differenza degli altri sarà più architettonico che di interni. Non vediamo l'ora di iniziare, è una struttura a cui teniamo molto. Presto ci affacceremo anche all'estero, dopo aver bloccato, causa guerra civile, alcuni progetti in Siria, nei prossimi mesi partiremo in Arabia Saudita dove siamo in trattativa per la progettazione di una serie di ville poco fuori Ryad.

Credete che in Italia ci sia ancora un futuro per l'Architettura?
Il cuore dice sì. La ragione tentenna.
È difficile combattere con mentalità arcaiche, burocrazie del terzo mondo o individui che 'stuprano' quotidianamente il nostro paese. Ma bisogna sempre dare ragione al cuore e sperare in un cambiamento imminente e florido dell'Italia, speriamo anche grazie al contributo dei tantissimi e validi giovani architetti italiani.

Che consiglio dareste a un giovane architetto che si affaccia oggi al mondo della “libera professione”?
Viaggiare, viaggiare, viaggiare. Mischiarsi e apprendere il più possibile dalle altre culture. Osservare, recepire e, dopo una spero 'breve' esperienza in qualche studio affermato, avere il coraggio di buttarsi nel mondo dell'architettura con le proprie idee.

 


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