13/01/2017 - Organizzata in stretta collaborazione con lo Studio Fabio Mauri, la mostra al Madre, intitolata Retrospettiva a luce solida, è la più completa mai dedicata all’artista dopo la retrospettiva, nel 1994, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, e comprende più di cento fra opere, azioni e documenti, in un percorso che trasforma l’intero museo in un’esperienza critica dalla struttura molteplice, in cui l’opera si confronta con il suo progetto, il pensiero si fa fisico e il white cube museale si confonde con il palcoscenico teatrale e la scatola nera della sala cinematografica.
Nel suo impianto di ricerca ed espositivo la mostra incorpora e trasmette il concetto di “luce solida” che compare in alcuni titoli delle opere dell’artista, in cui, richiamandosi alle Lampadine con i raggi solidificati futuriste, Mauri conferiva consistenza fisica al raggio che congiunge il proiettore e lo schermo cinematografico, traducendo così l’idea che tutte le componenti dell’esistenza hanno una “realtà”, ovvero cause e conseguenze reali: quindi anche il pensiero, l’immaginario, l’ideologia.
Questa riflessione, successivamente affidata agli Schermi, alle Proiezioni e alle azioni performative, diviene metafora del rapporto tra mente e mondo, tra realtà e memoria, fra Storia e storie, trasformando, in occasione di questa mostra, il museo stesso in proiettore, così come il concetto di retrospettiva in una proiezione architettonica che avvolge lo spettatore, rendendolo parte attiva, soggetto/oggetto di questa narrazione, scandita in opere, azioni e documenti.
Il percorso della mostra parte al piano terra del museo, nella sala Re PUBBLICA MADRE trasformata in un vero e proprio Theatrum Unicum Artium (“teatro unico delle arti”), all’interno del quale sono esposte opere, installazioni e documentazioni (in cui anche la fotografia assume il rilievo e l’autorità pittorico-scultorea di una traccia essenziale) che ricostruiscono la matrice performativa e teatrale della ricerca dell’artista, con una selezione delle più importanti azioni di Mauri.
Il percorso al terzo piano si conclude con le più recenti proiezioni su supporto digitale e di impianto ambientale – fra cui: I casi del mondo e la signora Matisse (1988-2005), Cernobyl (1990); Murato vivo (2005); Cineart e Rebibbia 1 (2006); Piccolo Cinema (2007); Sfera (2009) – in cui l’architettura viene progressivamente inglobata nella proiezione evocando una dimensione fluttuante (Interno/Esterno, 1990), un’ipotetica architettura divenuta cinematica, in cui si lo spazio-tempo dell’architettura si fonde con quello del cinema e il nostro immaginario si fa acquisizione di consapevolezza: non più spettatori, ma soggetto/oggetto integrante e giudicante della narrazione a cui abbiamo assistito, in cui ci è stata progressivamente svelata la realtà tangibile (a “luce solida”) di quella straordinaria finzione che è – come ogni ideologia o narrazione storica, o come la mente umana – il cinema, e l’arte stessa.
La sezione finale della mostra presentata in Sala delle Colonne (primo piano) è dedicata all’integrale corpus delle maquette architettoniche che ricostruiscono le principali mostre di Mauri, presentate per la prima volta insieme in una mostra personale dell’artista. Nella sua suddivisione in aree interdipendenti – che articolano fra loro le dimensioni interconnesse del “cubo bianco” museale, della “scatola nera” cinematografica e del “palcoscenico” teatrale (fino a spingersi, con alcune opere e proiezioni, anche all’esterno del museo/teatro/proiettore) – la mostra si propone al contempo come una messa in scena e uno strumento metodologico e critico: indagine del rapporto indelebile tra forme del pensiero e mondo, ovvero identificazione dei nostri pensieri, sia quelli individuali sia quelli collettivi, come un “mondo a luce solida”.
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