28/04/2015 - Ridefinire la modularità è stato l'obiettivo a cui hanno lavorato per mesi alcuni studenti provenienti da sette tra i più importanti atenei del mondo. Un obiettivo che prende spunto dai sistemi di arredamento USM Haller, conosciuti da sempre per la flessibilità e per l’essere infinitamente combinabile. Il risultato è 'rethink the modular', il progetto presentato in occasione della Milano Design Week in una mostra curata da Tido von Oppeln e Burkhard Meltzer che hanno declinato l'installazione sul tema della modularità.
Nel Salone dei Tessuti in zona San Gregorio è stata presentata un'esposizione con installazioni, modelli e creazioni sviluppate durante le Master Class USM. Originali e fotografie di design e architettura postmoderni offrono una prospettiva visionaria, talvolta addirittura utopistica, sulla modularità, che va ben oltre l'idea di cubi moderni o di sistemi fissi. La focalizzazione sugli aspetti dinamici e comunicativi del tema è racchiusa in quattro capitoli: modularità può significare 'Rhythm', 'Interference' o 'Structure'. Il quarto capitolo 'Relation' presenta invece una retrospettiva storica sul pensiero modulare. Tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta, i progetti di design e architettura non si occupavano più dei singoli oggetti o edifici, bensì delle loro relazioni.
Quattro Capitoli: Rhythm, Interference, Structure, Relation
Rhythm
La modularità non è un'invenzione, ma la si ritrova ovunque. Le superfici possono essere suddivise in reticoli, gli spazi in figure e il tempo in ritmi. Anche il modo in cui percepiamo l'ambiente è modulare. La modularità non è rappresentata quindi solo da costruzioni tecniche, strutture e interfacce, ma è molto di più, è la specifica capacità umana di percepire l'ambiente. Riusciamo quindi a capire il tempo attraverso i suoni ripetuti e a misurare la dimensione spaziale, intuitivamente, attraverso la presenza di persone. In questo modo anche strutture complesse diventano per noi comprensibili e maneggevoli. Suddividiamo il mondo in piccole unità, per poterle comprendere e rendere calcolabili gli sviluppi futuri. Otteniamo quindi una certa sicurezza: nonostante i cambiamenti, siamo in grado di riconoscere la ripetizione del ritmo.
Interference
Una delle principali sfide della modularità consiste nel trovare interfacce sia all'interno di un sistema, sia al di fuori dei possibili punti di contatto. Laddove vengono uniti i moduli, sorge la domanda che riguarda il loro snodo, là dove i materiali si incontrano, ma anche tra le onde o i canali della comunicazione elettronica. Ogniqualvolta tocchiamo il nostro smartphone si ha una nuova reazione tra il nostro corpo, l'apparecchio e una catena di informazioni. Anche la comunicazione elettronica non è quindi sempre prevedibile. Proprio nelle interfacce o attraverso le sovrapposizioni spesso scopriamo cambiamenti inattesi. Questi risultati sorprendenti, che si verificano quando vi è una correlazione tra diversi sistemi, ricordano il carattere aperto e imprevedibile della modularità.
Structure
I moduli non esistono per se stessi. Attraverso le loro interfacce, essi rimandano sempre ad una struttura superiore, risultante dalla combinazione di più parti. La modularità non è pertanto mai chiusa, ma può essere ampliata. Le strutture modulari in linea di massima possono crescere all'infinito, addirittura oltre i confini dell'immaginabile. La loro applicazione forma cattedrali, grattacieli, fino ad intere città. In diversi edifici abitativi del dopoguerra, il principio modulare è stato screditato, poiché era simbolo di uniformazione e obiettivo sociale. Tuttavia, il grande potenziale della modularità risiede nell'utopia di costruire reti soggette a mutazioni, in cui i singoli moduli possono apparire diversi e i mutamenti possibili. “rethink the modular” potrebbe significare lo sviluppo di grandi strutture con la massima capacità di adattamento, da una parte osservando i processi di crescita della natura, dall'altra sfruttando le nuove possibilità della progettazione architettonica parametrica.
Relation
La modularità è apparsa nelle storiche opere degli anni Sessanta e Novanta soprattutto come metodo visivo, un'idea che offre possibilità quasi infinite di collegare superfici, immagini fotografiche e materiali prodotti industrialmente. Questo concetto modulare visionario, addirittura utopistico, ha una caratteristica: è un gioco di contrasti in cui spesso l'unità più piccola si unisce a quella più grande per formare un unico sistema. La ripetizione dell'unità più piccola in grande e viceversa, fa sì che il pensiero modulare sia privo di confini. La sorprendente possibilità di combinazioni e il carattere di apertura della modularità va ora molto oltre la moderna interpretazione dell'allestimento. Il design e l'architettura si confrontano con la tecnologia esistente della comunicazione elettronica, come traspare in progetti architettonici utopistici, in proposte di arredamento ironiche e, non ultimo, nella pubblicità del momento.
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