11/07/2019 - Riutilizzato, ricreato, riciclato, reinterpretato e reimmaginato. È il décor firmato Stefania Boemi, un inno poetico all'artigianato che si configura come un autentico viaggio attraverso tradizione e siciliana memoria. Fra i suoi diversi pezzi unici rientrano i vasi in terracotta antropomorfi della collezione Teste, che recuperano la forma delle tradizionali teste di moro sicule per svelarne una purezza assolutamente contemporanea.
Stefania Boemi, di professione neuroriabilitatrice, vive e lavora in Sicilia. Gli artefatti artigianali che la sua terra le consegna sono l’affascinante materia prima dalla quale accoglie vibrazioni emotive e valenze culturali. Smontare e rimontare, scucire e ricucire, sverniciare e riverniciare sono il mezzo per restituire una nuova natura e un uso diverso ad oggetti già dotati di un loro intimo spessore da preservare e trasmettere.
"Tutto è iniziato dai racconti di mia mamma", racconta Stefania. "Mi ha insegnato che ogni oggetto (apparentemente) inutile può essere magicamente trasformato in altro, in un giocattolo, una culla, un teatro di marionette. Io la osservavo mentre cuciva, riparava sedie senza fondi, dipingeva tavoli vecchi da buttare, ricamava. Tutto si è sedimentato nella mia mente ed è divenuto un modo di guardare l'esterno" .
Monocromatico e rigorosamente opaco è il tratto distintivo della collezione Teste, scelta per il ristorante di Filippo La Mantia a Milano firmato da Piero Lissoni e per un corner dell'appartamento Palermo Uno durante la MDW 2019.
"Le teste di moro mi hanno sempre affascinato, soprattutto per la storiella che aleggiava intorno alla nascita di questi manufatti", spiega Stefania, "le immaginavo diverse da come le vedevo. Una decina di anni fa, mentre arredavo la mia nuova casa, ho provato a sperimentare con terracotta e colori".
Stefania Boemi eclissa la porcellana lucida, una scelta istintiva che è un richiamo ad una sorta di sedimentazione temporale, polverosa ma contemporanea e originale. Dalle scure, quasi laviche, alle più accese e vivaci, le tinte poi sottraggono ai vasi le decorazioni tradizionali sicule. "Per la scelta dei colori seguo i miei pensieri", afferma Stefania, "basta una passeggiata in montagna per tornare con la mente piena di sfumature verdi, marroni o grigio lava".
È proprio dal territorio che nasce l'analogia. Così come le Teste, anche le “Nake”, amache realizzate con copriletti matrimoniali dei primi del novecento, insieme ai Capezzali, alle Buattine, le scatoline ispirate all’antica ”Opera dei pupi”, o ancora alle Luminarie, narrano “cose siciliane”, selezionate con l’intento di riportare a nuove interpretazioni di utilità molti oggetti desueti. Ogni complemento d‘arredo viene assemblato a mano e trasformato in un pezzo unico.
La manualità felice e l’attenzione alla tradizione, fanno di lei una testimonianza dell’importanza della conservazione e della possibile reinterpretazione in chiave contemporanea per il mercato del design artigianale, oltre che un progetto che dà fiera affermazione della storia siciliana.
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