“Si può stare seduti in cima a una collina. Sul ciglio di una strada, oppure affacciati a una finestra e guardare fino a confondersi con il luogo. La fotografia come gesto tecnico, perché è di questo che si tratta, viene dopo e può essere al limite un accessorio”.
12/07/2018 - Il Museo Archeologico di Aosta ospita fino al 23 settembre la mostra Gabriele Basilico. La città e il territorio. Promossa dall’Assessorato all’Istruzione e Cultura della Regione Autonoma Valle d’Aosta la rassegna indaga, attraverso 200 immagini, l’idea di progettualità dello sguardo del grande fotografo, da sempre interessato ai problemi legati all’urbanistica e all’antropizzazione del paesaggio naturale.
In mostra diversi inediti tra cui una selezione di immagini della Valle D’Aosta del 1991 e otto grandi fotografie a colori di Beirut ricostruita, realizzate nel 2011 in occasione di una missione per Solidere: lavori, questi ultimi di grande potenza visiva, in cui il colore diviene momento portante della progettualità fotografica.
La rassegna, a cura di Angela Madesani, si avvale della collaborazione di Giovanna Calvenzi, dell’Archivio Gabriele Basilico, dell’Accademia di Architettura di Mendrisio/USI, del coordinamento generale di Raffaella Resch ed è prodotta da Scalpendi Editore.
Gabriele Basilico (Milano, 1944-2013), architetto di formazione, è conosciuto a livello internazionale per le sue fotografie dedicate all’architettura e ai paesaggi urbani postindustriali. La sua indagine va oltre i confini della pura fotografia documentaria, esplora la forma e l’identità della città. La mostra aostana accosta questa produzione più nota al grande pubblico, alla fotografia di paesaggio, altro tema sempre al centro della sua ricerca. Il paesaggio contemporaneo e le sue trasformazioni ad opera dell’uomo, quindi, con immagini in mostra di grande qualità, ma anche il paesaggio naturale, con progetti realizzati in epoche e luoghi diversi, che svelano sguardi più intimi e solitari del maestro.
«La montagna - spiega nel suo testo Angela Madesani - è punto di passaggio e di collegamento imprescindibile tra sud e nord, luogo di meraviglia e di mito sin dai tempi antichi. Quelli di Basilico sono paesaggi sospesi, dove di rado si rintraccia il tempo della storia. È il tempo della natura, delle stagioni. Sono punti di vista sull’infinito in cui le montagne giocano un ruolo da protagonista. Un infinito che va ben oltre il simbolo presente sull’obiettivo della macchina fotografica. Nelle sue immagini di paesaggio la visione diventa una sorta di riprogettazione non immediatamente percepibile, il cui scopo è anche quello di comprendere la relazione che si viene a creare tra lo sguardo e il mondo reale. Il compito del fotografo, come Basilico ha avuto più volte occasione di affermare, è quello di lavorare sulla distanza, di prendere le misure, di trovare un equilibrio, un ordine». La montagna è protagonista delle immagini che compongono il lavoro sulla Valle d’Aosta, realizzato nel 1991. «Basilico ha disegnato-sempre secondo Madesani - attraverso trenta tappe, le strade d’accesso alla regione. La finalità di questo rigoroso lavoro è quella di rendere più che mai leggibile il territorio, per favorirne la conoscenza attraverso la complessità resa evidente dalla fotografia. Le strade, i ponti, i percorsi alpini, le vie sono assoluti di questo lavoro in cui l’uomo è presenza invisibile».
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