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Poema in bianco e nero. La Milano metafisica di Marco Introini
Immagini e riflessioni per riscoprire le nostre città in attesa di ricominciare a viverle
Autore: rossana vinci
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Duomo - Dall'archivio_© Marco Introini Duomo - Dall'archivio_© Marco Introini
03/04/2020 - La foto di Papa Francesco che sfida una Piazza San Pietro vuota e silenziosa è solo una delle immagini simbolo della pandemia di Covid-19 che ha sconvolto il mondo nelle ultime settimane. 
La maggior parte delle città e metropoli sono in questi giorni deserte e moltissimi scatti in giro per il mondo ci documentano una storia che solamente due mesi fa poteva sembrare incredibile, e che un giorno - comunque vada - racconteremo. 

Ma c'è chi ha documentato 'architetture silenziose' molto prima del coronavirus. 
Marco Introini, architetto, fotografo documentarista e docente di Fotografia dell'architettura e tecniche della rappresentazione al Politecnico di Milano, in questi anni ha catturato una Milano deserta e surreale muovendosi durante le prime ore dell'alba,"il momento della giornata in cui la città si mostra senza nessuna distrazione, spoglia, priva della carica drammatica delle ombre", ascoltando l'anima della sua Milano e restituendo attraverso i suoi scatti, i ritratti e le geometrie di alcune tra le più belle architetture milanesi. 



Piazza Duomo verso il Palazzo dell’arengario con Torre Martini e Torre Velasca - Dall'archivio_© Marco Introini 

Durante questo periodo di quarantena comune, Introini decide di portarci 'in gita per Milano' pubblicando sui suoi social una foto al giorno, attingendo dal suo archivio di lavori fatti negli anni scorsi."In gita per Milano è un titolo nato per 'sdrammatizzare un po' questo momento", afferma, "mi piaceva l'idea di condividere la 'nostra' Milano con gli amici".

Un invito a sfruttare questo tempo sospeso per riscoprire, in silenzio, l'anima nascosta delle nostre città, animata dalla sola luce morbida dell'alba. Un viaggio visuale che affrontiamo con Marco Introni in questa intervista.


Galleria Vittorio Emanuele - Dall'archivio_© Marco Introini 

Da dove nasce l'idea di condividere in questi giorni sui tuoi social gli scatti di Milano?
È nato tutto perché nei primi giorni 'di clausura' in molti mi chiedevano se uscissi a fotografare e io rispondevo che non era mia intenzione fare 'lo sciacallo fotografico'. In un momento così complesso per tanti punti di vista sarebbe stato come fotografare una città ferita che è ben diverso dallo spirito surrealista che mi muove a guardare, vedere e studiare la città...così ho deciso di pubblicare un enseble di miei lavori differenti su Milano da condividere con gli amici e con chi mi segue. Una foto di un edificio, una veduta di Milano al giorno per ritrovare, in questo periodo, le nostre città.


Edificio Chase Manhattan Bank - Dall'archivio © Marco Introini 

Che valore può avere, in questi giorni, riscoprire le nostre città e le nostre architetture? 
Da tempo fotografo Milano alla mattina molto presto quando il sole quasi non è ancora spuntato e la luce è diffusa, diafana. In questo preciso momento del giorno quasi surrealista mi piace ascoltare la città che  si mostra senza nessuna distrazione, spoglia, priva della carica drammatica infusa delle ombre, solo piccoli passaggi tonali che ne restituiscono tridimensionalità. 


Dall'archivio_© Marco Introini 

Camminando per le vie, appoggiando il cavalletto e guardando sotto il panno del banco ottico si percepisce l’energia della città che sta per cominciare la sua recita quotidiana..si ha la sorpresa di vederla come alla fine di un ouverture quando il sipario si apre i cantanti non hanno ancora cominciato a recitare...e in quella frazione di secondo gli occhi ci si riempiono solo dello spazio scenico. 
Ed è così che in questo momento di profonda crisi che stiamo vivendo la città si mostra..come se non fosse ancora sorto il sole..anche se la carica emotiva di questo momento storico ci trasmette altro.



Dall'archivio_© Marco Introini 

Se avessi l'opportunità di fotografare, durante questa quarantena, un luogo per te emblematico di Milano quale sceglieresti?
Se avessi l'opportunità di fotografare, durante questa quarantena, un luogo per me emblematico di Milano..lavorerei nel centro storico ma sempre alla mia ora preferita.
Nel centro storico perché a Milano come in tante altre città i centri storici stanno subendo una trasformazione silente e devastante, lontana dai riflettori.



Corso Italia con Luigi Moretti. Dall'archivio_© Marco Introini 

Fare il fotografo di architettura vuol dire viaggiare e spostarsi molto. Come stai vivendo questo tempo 'sospeso'? 
Più che la lentezza sto riscoprendo la stanzialità che mi sta permettendo di lavorare al mio archivio e di concentrarmi sia a progetti fotografici sospesi che a nuovi progetti.
Certamente mi manca quel rito lento del camminare, del guardare, del posare il cavalletto e guardare la città attraverso l'obiettivo.



Via case rotte verso la chiesa di San Fedele - Dall'archivio_© Marco Introini 

Michel Foucault sosteneva che lo spazio della città moderna sia stato modellato come strategia di contenimento delle epidemie. In questo momento di riflessione e di restrizioni hai mai immaginato gli spazi che fotografi in chiave storica? 
Quando fotografo una città la cosa che mi interessa è la sua storia quali sono stati i sui percorsi fisici e storici che hanno portato la città a mostrarsi nella sua contemporaneità, quindi indago la sua forma attraverso la ricostruzione cartografica delle mappe, dell’iconografia ecc.
Credo che nelle intenzioni politiche e di controllo sociale ci sia stato l’intento sottolineato da Foucault  ma non lo vedo nella forma della città.


Tra piazza Missori e corso di Porta Romana con Emilio Lancia, BBPR, Cesare Penati e Cesare Tenca. Dall’archivio_© Marco Introini 

Milano post-covid. Come immagini la tua città dopo la fine dell'emergenza? Pensi che cambierà il tuo approccio nel fotografarla? 
Forse questo allontanamento sociale porterà ad un periodo di diffidenza, ma sarà un periodo. Spero invece, visto i risultati, si impari qualcosa dal punto di vista ambientale, già con nuovi modi di distribuire geograficamente il lavoro riducendo gli spostamenti, pensando magari a ‘stazioni di smart working’ diffuse nella città e sul territorio.
Per quanto riguarda il mio modo di guardare la città e l’architettura..no, non credo che cambierà.


Via san Paolo con edificio di Gio Ponti (1964-1966) - Dall’archivio © Marco Introini 


Marco Introini, ritratto di © Matteo Grande









 

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