Palazzo del Podestà, foto di Emilio Salvatori
24/02/2020 - PART - Palazzi dell’Arte di Rimini aprirà le sue porte al pubblico il prossimo sabato 14 marzo 2020. Si tratta di un nuovo sito museale che riunisce in un progetto unitario la riqualificazione a fini culturali di due edifici storici nel cuore della città (Palazzo dell'Arengo e Palazzo del Podestà) in cui troverà collocazione permanente l'eclettica raccolta di opere di arte contemporanea donate da artisti, collezionisti e galleristi alla Fondazione San Patrignano.
Il restauro e il riadeguamento funzionale degli edifici sono stati realizzati dallo Studio AR.CH.IT, guidato da Luca Cipelletti, che ha anche firmato la messa in scena e l’allestimento della Collezione di San Patrignano.
Mettere in relazione un contenitore storico e una collezione d’arte contemporanea. Questa è stata la principale sfida progettuale per questo nuovo Museo, nato per dialogare con un pubblico vasto e diversificato.
Il Duecentesco Palazzo dell’Arengo e il Trecentesco Palazzo del Podestà, per secoli luogo della funzione pubblica, versavano in uno stato di degrado a causa di un processo di “normalizzazione” che ne aveva offuscato gli elementi architettonici interni, in evidente contrasto con l’aspettativa che creano i monumentali volumi esterni.
Il primo obiettivo della valorizzazione architettonica è stato ripristinare l’emozionante percezione dei volumi medioevali dei due edifici, evitando falsi storici, per riportare alla luce gli elementi di pregio originali, come la sequenza di capriate palladiane, le grandi polifore, i materiali.
Gli interventi di ammodernamento tecnico e impiantistico, le tinteggiature, i materiali delle pavimentazioni e i nuovi serramenti, sono diventati così opportunità per esprimere una sintesi tra contemporaneità linguistico-funzionale e rispondenze storico-culturali.
Le opere destinate ad essere accolte negli spazi appartengono alla Collezione Fondazione San Patrignano. Una raccolta di donazioni di collezionisti, galleristi e artisti, a sostegno dell’operatività della Comunità. Una collezione prestigiosa, ma per sua natura disomogenea, priva di una prospettiva curatoriale preordinata, se non quella di essere “contemporanea”.
Un apparente limite che nel progetto museografico è stata, invece, interpretata come un’ulteriore opportunità. Evitando la rigidità della “scatola nella scatola”, sono state infatti favorite la reversibilità, la percezione dell’architettura e una libera collocazione delle opere, in modo che siano in dialogo soprattutto con lo spazio, più che tra loro.
Un allestimento, che pur avendo un filo conduttore, si declina di volta in volta assecondando le situazioni architettoniche nelle quali si colloca. Dimensione, posizione e materiali sono variabili e adattabili: prendono sempre spunto dalle proporzioni e dal carattere dell’architettura per diventare dispositivi funzionali. Anche in omaggio alla più solida tradizione museografica italiana dei maestri protagonisti della ricostruzione dei Musei Civici del dopoguerra.
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