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MOSTRA ARCHITETTURA

Mario Bellini. Il disegno del progetto
mostra  POLITECNICO DI MILANO, GALLERIA DEL PROGETTO, dal 12/09/2018 al 05/10/2018

La mostra presenta oltre duecento tra schizzi e disegni realizzati da Mario Bellini e dal suo studio negli ultimi quarant’anni, riguardanti alcuni dei progetti più significativi sviluppati nella sua lunga e prolifica carriera: una rassegna introduttiva che spazia dal design all’architettura, con alcune divagazioni di fantasia; quattro progetti architettonici, disposti cronologicamente; nove progetti di design d’arredo.
Dalle sequenze di disegni, testimoni di tanti percorsi progettuali compiuti da Bellini, emerge con evidenza il ruolo che ha avuto e conserva tuttora il disegno come luogo del progetto: strumento di ricerca, di pensiero, di disamina del reale; efficace mezzo di comunicazione per visualizzare, verificare e condividere un’idea; potente ausilio della memoria, che rimanda a quel personale repertorio di immagini e riferimenti, stratificato nel tempo, a cui è possibile ricorrere – anche inconsciamente – ogniqualvolta si intraprenda un nuovo percorso interpretativo o progettuale. La mostra è anche occasione per una riflessione sullo sviluppo degli strumenti del disegno e della rappresentazione dell’architettura dall’analogico al digitale, laddove lo schizzo resta l’irrinunciabile elemento di continuità nell’euristica del progetto.
Gran parte dei materiali esposti sono schizzi di progetto realizzati da Mario Bellini: abbozzati, spesso frammentari e immediati, sono annotazioni tese a fissare un pensiero, un’impressione, una suggestione, a fermare un’idea ancora indecisa e contraddittoria. Hanno a che fare con l’intuizione e l’ideazione iniziale, sono depositari di infinite potenzialità. I primi schizzi di un progetto, infatti, contengono in nuce tutto ciò che il progetto sarà e tutto ciò che non sarà mai, ma che avrebbe potuto essere. Gli schizzi successivi rielaborano quelli iniziali: selezionando, approfondendo, affinando, sbozzando l’idea iniziale, tracciando un percorso che diventa sempre più univoco man mano che vengono eliminate le tante soluzioni alternative possibili, in processo di progressiva riduzione dell’indeterminato. Emerge dunque con evidenza, nelle sequenze in mostra, il ruolo dello schizzo come momento chiave del percorso progettuale, che è un procedere non lineare, dominato da elementi spesso inconsci e difficilmente oggettivabili, in cui si incontrano techne e inventio, sapere tecnico e capacità inventiva, vincoli imposti dal programma funzionale e riferimenti sedimentati nel sapere, nella cultura e nella memoria personale dell’architetto.
Altre opere presentate in mostra, come le tavole tecniche realizzate a mano o i fotomontaggi, raccontano invece prassimodalità espressive cadute in disuso in una pratica professionale oggi profondamente mutata. In questo senso la mostra delinea una sorta di archeologia del contemporaneo disegno di architettura, che nell’arco di due decenni è talmente mutato da costringere a un lavoro di scavo, per ricostruire pratiche che erano usuali fino a vent’anni fa e che poi sono assai rapidamente scomparse, e sono ora pressoché sconosciute agli architetti in formazione (il disegno tecnico manuale, i supporti, gli strumenti, le modalità di riproduzione, etc.).

Le opere in mostra riguardanti i progetti degli anni Ottanta e Novanta riportano dunque il visitatore in un mondo recentissimo eppure già antico, ma lo fanno senza intento nostalgico, cercando di ripercorrere il filo che ha condotto ai modi del rappresentare e del progettare contemporaneo, di coglierne le specificità e le potenzialità future, anche attraverso le trame della storia personale di Mario Bellini, che da sempre, per attitudine e formazione politecnica, è proiettato nel futuro, con la curiosità e l’ironia che lo contraddistinguono. Proprio la sua poliedrica e onnivora curiosità intellettuale, infatti, sempre alla ricerca dell’innovazione, nel design come nell’architettura, sempre attenta a cercare nelle nuove tecniche e tecnologie la scaturigine della reinvenzione delle forme (ma senza alcun asservimento alla tecnologia fine a se stessa), sembra trovare nelle potenzialità operative dei nuovi software di modellazione un orizzonte di possibilità inedite nel campo della creazione della forma. Nascono così i progetti degli anni Duemila, di cui il Département des Arts de l’Islam del Louvre è l’esempio più emblematico, in cui le più avanzate sperimentazioni di progettazione parametrica diventano lo strumento per realizzare nuove forme un tempo solo immaginate, attingendo da un personale vocabolario di forme archetipiche e riferimenti che spaziano in ogni ambito e disciplina. L’uso delle nuove tecnologie digitali del disegno porta anche a un cambiamento radicale del paradigma cognitivo e di elaborazione del pensiero progettuale, e crea un inedito iato tra la mente e la mano, mutando anche lo statuto epistemologico dell’atto stesso del disegno nella concezione del progetto, che da autografico diventa allografico. Ma anche in questo caso spesso permane il disegno a mano libera come irrinunciabile strumento di pensiero e di espressione, elemento di continuità nella fase ideativa del progetto.
La caratteristica gestualità insita negli schizzi di Mario Bellini sembra essere un elemento costante e riconoscibile, laddove, all’opposto, è spesso stata evidenziata l’assenza di una cifra stilistica ricorrente nelle sue opere. Bellini, infatti, contrariamente ad altri architetti e designer, non ha mai perseguito una riconoscibile dimensione autografica nei suoi progetti, ma ha sempre avuto una propensione rabdomantica, perentoriamente non autoreferenziale. Quello di Bellini è un disegno libero nel gesto, ma al tempo stesso strettamente funzionale, testimone di un’instancabile riflessione sullo spazio, sugli oggetti, sui modi d’uso, sulle forme e sui rapporti di scala. Il disegno è il luogo della sperimentazione e dell’immaginazione, è finalizzato alla ricerca di soluzioni e realizzato su supporti spesso estemporanei (incluse carte povere o tovagliette da bar), che testimoniano l’immediatezza del disegnatore assiduo e compulsivo, che si applica con la medesima tensione creativa alla grande opera di architettura o all’oggetto di produzione industriale, all’allestimento di un piccolo interno o a quello di una grande esposizione temporanea, mantenendosi sempre in una prospettiva antropocentrica e antropologica.
Il disegno è per Mario Bellini strumento del processo investigativo e terreno privilegiato della figurazione, ma anche, come evidenzia la rassegna di schizzi esposti nella parete introduttiva della mostra, uno “spazio bianco” di libertà, in cui si rende manifesto il pensiero immaginifico. Mario Bellini è figura di spicco nel panorama internazionale dell’architettura e del disegno industriale. Ha ricevuto 8 volte il Compasso d’Oro e 25 sue opere sono nella collezione permanente del MoMA di New York, che gli ha dedicato una retrospettiva nel 1987. È stato direttore di “Domus” dal 1985 al 1991. Ha progettato allestimenti di mostre d’arte e di architettura in tutto il mondo. Dal 1980 si dedica prevalentemente all’architettura. Tra i suoi edifici più noti vi sono il Centro Espositivo e Congressuale di Villa Erba a Cernobbio (Como), il Quartiere Portello di Fiera Milano, il Tokyo Design Center, la National Gallery of Victoria di Melbourne, gli Headquarters della Deutsche Bank a Francoforte, il Museo della storia della Città di Bologna, il Département des Arts de l’Islam al Louvre di Parigi, il Centro Congressi al Portello di Milano. Nel 2004 è stato insignito della Medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica per la diffusione del design e dell’architettura nel mondo. Nel 2015 la Triennale di Milano gli ha assegnato la Medaglia d’Oro alla carriera per l’architettura, e nel 2017 gli ha dedicato una mostra retrospettiva.

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