Nella loro relazione i giudici hanno osservato come: "La pianificazione attenta del museo coinvolga i visitatori in tutte le fasi dell'esposizione." Ed è stato anche ricordato come: "Si tratti di una profonda trasformazione di un quartiere degradato, non solo una finestra aperta sul passato ma un ideale ponte tra il passato industriale della capitale scozzese e le industrie attuali e future di Glasgow."
Il progetto è parte del più ampio programma di espansione urbana della città, noto come “
Glasgow Harbour”, che prevede un nuovo insediamento residenziale con strutture per attività di terziario e tempo libero. Sorgendo nel punto in cui convergono i due principali fiumi di Glasgow, il Kelvin ed il Clyde, la nuova struttura si pone come collegamento fra la città e i suoi corsi d'acqua. Una specie di cannocchiale (torto e deformato, come si conviene) per raccogliere e convogliare gli sguardi verso i corsi d'acqua della città.
Il percorso che collega le due estremità del “tunnel” presenta la tipica fluida geometria che caratterizza le architetture della progettista anglo-irachena; una figura che sembra contenere un’onda in movimento da cui prendono forma delle “pieghe” visibili sulla copertura in zinco. Il profilo della copertura si sviluppa lungo un percorso a zig zag che termina con una facciata vetrata che chiude l’estremità che si affaccia sul fiume.