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Intervista a Simone Micheli che festeggia 25 anni di attività
Il racconto di una nuova estetica, sostenibile e 'homely'
Autore: valentina ieva
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WorldHotel Ripa Roma _ photo by Jurgen Eheim WorldHotel Ripa Roma _ photo by Jurgen Eheim
21/09/2015 - In occasione dei suoi 25 anni di attività, l’architetto Simone Micheli racconta il suo percorso professionale fra nuovi ‘eroi’, nuove sfide e nuovi spazi. Il suo lavoro si articola in molteplici direzioni: dall’architettura al design d’interni, dal visual design al wellness, passando per la comunicazione. Le sue creazioni, sostenibili e sempre attente all’ambiente, risultano capaci di comunicare 'quella sensazione di familiarità che in inglese si definisce 'homeliness''. 
 
 
Quest’anno festeggi un traguardo importante, 25 anni di attività professionale. Su quali nuovi temi (o nuovi ‘eroi’) si concentra oggi l’attenzione dello studio Simone Micheli Architectural Hero? Cambieresti qualcosa del tuo percorso professionale?
Del mio percorso professionale non cambierei nulla, sono molto orgoglioso  ed entusiasta del cammino fino ad  ora fatto e delle opere  che in questi 25 anni veramente intensi e densi di emozioni ho realizzato.
I temi che guidano la mia attività progettuale si rinnovano continuamente, fin dagli esordi non ho mai lasciato che il mio pensiero si focalizzasse su un tipo di oggetto soltanto o su un unico agire architettonico.
Ho sempre cercato di lavorare a 360° gradi, di tenere la mente aperta e di far sì che il mio fare progettuale spazi dalla definizione del più piccolo dettaglio fino alla realizzazione di grandi edifici e master plan.
La vita è il risultato dell’addizione di tante componenti piccole quanto meravigliose, tutte fondamentali, tutte ugualmente perfette.
Da medesimo ideale sono ispirate le mie opere: unicum organici, integri, al di fuori dello spazio-tempo consueto.
Di nuovi eroi dunque ce ne saranno sicuramente moltissimi ed affascinanti, ogni nuovo progetto per me è una sfida, un’avventura, un viaggio che lascia molti sedimenti nel mio animo e che non cessa di offrire al mio spirito modelli a cui dare forma viva.
 
 
La mostra Spa World, allestita a maggio scorso negli spazi della Design Library di Milano, ha celebrato i luoghi del benessere attraverso una selezione delle tue opere. Come si sta evolvendo l’architettura del wellness?
L’uomo contemporaneo è sempre più frenetico ed indaffarato.
Sempre di corsa, molto spesso dimentica di prendersi cura della propria interiorità e del fondante rapporto che questa intrattiene con il corpo, elemento fisico e tangibile, confine inviolabile tra l’io e l’altro.
I luoghi dedicati al benessere, oggi più che prima, devono svilupparsi e definire i propri spazi con l’intento di risanare e rivitalizzare il legame dell’essere umano con la propria essenza. Scopo primario di queste strutture e di tutti gli elementi che, grazie alla loro vitale interazione, rendono questi spazi dinamici ed interconnessi, deve essere quello di offrire pillole di benessere ai visitatori, regalando loro esperienze estetiche profonde ed  indimenticabili.
L’acqua grazie alle sue proprietà purificatrici ha in questo gioco un ruolo fondamentale. Il suo eterno ed incessante fluire deterge lo spirito umano dalle impurità, chiarificando la sua essenza e facendo sì che esso torni a mostrare la sua antica splendente costituzione.
Il crescere del gradiente tecnologico ha inoltre  un’importante funzione nell’incremento delle prestazioni di questi luoghi, favorendo l’interazione e la personalizzazione delle esperienze. Infine l’architettura dedicata al wellness si pone come manifesto esplicativo dei principi da rispettare affinché non solo il benessere dell’uomo venga garantito ma anche quello dello spazio e dell’ambiente-mondo che abbiamo intorno.
Dedicare l’architettura al wellness significa essere fautori di un’architettura d’avanguardia, completamente sostenibile.
 
 
In che modo cambia, di volta in volta, il rapporto dell’uomo con la sua corporeità, negli spazi della casa, di una struttura ricettiva, o di una spa?
Le esigenze dell’uomo sono molteplici e differenziate; ogni epoca ha poi determinati elementi che la caratterizzano e, sulla base di questi, le necessità ed  i desideri degli esseri umani si modificano e plasmano.
Sono variegate e molte anche le dissimili componenti che formano l’interiorità dell’uomo ed il cui risultato origina l’essere umano nella sua totalità. La sua essenza non è mai completamente definibile, ma variabile in base a situazioni, periodi spazio-temporali, emozioni, esperienze. Il rapporto dell’uomo con la sua corporeità dunque varia sulla base del luogo con cui si relaziona ed a seconda dell’epoca storica in cui tale spazio viene vissuto.
Oggi, essendo molte le possibili vie da intraprendere,  le concezioni dei diversi luoghi sono piuttosto personali e soggettive.
Ogni spazio deve saper abbracciare una vasta gamma di sogni e desideri, dando vita ad esperienze modulabili, che siano in grado di stringere relazioni differenti con i differenti tipi di visitatore.
L’ideale che accomuna la progettazione di abitazioni private, di strutture ricettive e degli spazi dedicati al benessere deve quindi concretizzarsi nella capacità di offrire all’uomo quella sensazione di accoglienza, benevolenza e benessere che ciascuno prova quando si sente a proprio agio ed in armonia con il contesto circostante.
Gli spazi ben progettati devono essere abili nel dare vita a quella sensazione che in inglese si definisce “homeliness” da “home”, traducibile in italiano con “casa propria” e non generalmente con “abitazione”. Quella sensazione di familiarità che soltanto il sentirsi a casa, bene, soddisfatti ed in armonia con il mondo e le persone attorno può darci.
 
 
Il tuo lavoro ti porta spesso in giro per il mondo, e per questo ti definisci "architetto e viaggiatore ". Quali elementi, ereditati dai tuoi viaggi, trasferisci nel tuo lavoro?
Tutto; ma non sono le forme altrui ad influenzare le mie visioni progettuali, quanto i contenuti, la rivelazione di quei territori ignoti che si celano dietro la pura percezione visiva. Oltre l’apparenza c’è un mondo di sostanza dal quale il mio spirito non può che rimanere affascinato.
Le opere architettoniche a cui do vita sono il riflesso delle esperienze che riempiono il mio animo e la mia mente, concretizzazione di un pensiero mai statico.
Amo molto viaggiare e sono spessissimo in giro per il mondo proprio perché di ogni luogo appena visitato, di ogni spazio che diviene noto, di ogni principio nuovo conosciuto, i frammenti si accomodano nel mio animo e lo compongono, dandogli continuamente una nuova forma. Questi frammenti inevitabilmente si specchiano nelle opere che progetto.
Sono però solito definirmi “architetto e viaggiatore” inoltre perché l’intraprendere stesso di un nuovo progetto è per me proprio come un viaggio, un esperienza del tutto nuova che adrenalinicamente stimola la mia mente ed il mio corpo a spingersi oltre le barriere della realtà così come è tradizionalmente vissuta.
 
 
Per l’Expo 2015 hai curato facciate, interni e lighting design dell’Alessandro Rosso Pavilion. Quale storia hai voluto raccontare ai visitatori di Expo?
Il progetto da me realizzato per l’Alessandro Rosso Pavilion è manifesto di un profondo intreccio di storie diverse che incontrandosi hanno saputo creare un luogo altro, ignoto, surreale, inaspettato.
L’importanza della comunicazione, il valore del linguaggio ed il fondamento che il confronto con l’altro da all’uomo durante i continui tentativi di riconoscere se stesso, si moltiplicano e diffondono nel candore totale che riempie la struttura.
I perimetri restano però netti, ergendosi a simbolo della dignità umana.
Una pura coltre di lyrcra bianca abbraccia lo scheletro strutturale incompleto su cui il mio intervento si è stagliato, definendo i tratti di una architettura super-effimera destinata a persistere nella memoria dei suoi visitatori.
Il mio intento dunque è stato quello di far vivere all’uomo contemporaneo una esperienza unica, irripetibile in cui gli spazi si fondono, il tempo perde di importanza e consistenza, i sapori, i gusti, gli odori, i suoni e le luci si mescolano, dando vita ad uno squarcio che rompe il velo di Maya e che conduce ad un’altra dimensione.
 


Simone Micheli_bn _ photo by Jurgen Ehem


Swan Room for TownHouse Duomo _ photo by Jurgen Eheim


Barcelò Hotel Milan _ photo by Maurizio Marcato


Casa Marco Balestri _ photo by Francesca Mandelli D'Agostini


Casa Simone Micheli _ photo by Jurgen Eheim

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