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'Lo spazio della pena, la pena dello spazio'
Una ricerca-intervento partecipata presso la Casa Circondariale di Sollicciano, Firenze
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01/07/2015 - La ricerca-intervento partecipata, realizzata al carcere di Sollicciano, intende essere il primo passo di un progetto più ampio, “Lo spazio della pena, la pena dello spazio”, che potrebbe avviare processi di progettazione partecipata per la riqualificazione degli spazi nelle carceri italiane. In questa prospettiva la ricerca-intervento è stata realizzata in un arco di tempo molto limitato (gennaio – febbraio 2015) puntando al coinvolgimento diretto di chi “abita” il carcere in quanto detenuto o lavoratore o volontario.
Progettare è infatti un processo di identificazione con chi vive lo spazio; in questa esperienza si è potuto osservare che, soprattutto con i detenuti, si è avviato un certo percorso che ha coinvolto e favorito una  riflessione collettiva non priva di difficoltà e contraddizioni.
 
Le riflessioni e considerazioni, riportate nel Report finale ci fanno dire che è possibile pensare a piccoli gruppi di detenuti e di personale, come una sorta di “circoli di qualità”; organi propositivi che assicurano consultazione, controllo, partecipazione e supporto.
 
Ovvero è proponibile un percorso di concreta progettazione partecipata per ristrutturare gli spazi della detenzione in modo che rispondano al dettato costituzionale della rieducazione e alle indicazioni della Commissione Ministeriale per le questioni penitenziarie (Commissione Palma).
 
Il progetto, per quanto fondato sulla partecipazione, non intende perseguire obiettivi di “democrazia carceraria” che sarebbe un evidente ossimoro: non si può infatti prescindere da una considerazione generale che vede il detenuto comunque costretto a  subire una forte limitazione della sua libertà. Né si può prescindere da una considerazione particolare sul nostro sistema carcerario che è stato definito dallo stesso Ministro della Giustizia Orlando, nel corso di un convegno a Napoli il 10 giugno, alla presenza dell’ex Presidente Napolitano, “ un sistema criminogeno” che produce la più alta recidiva tra i paesi europei.
 
Il progetto quindi vuole portare un contributo al processo di revisione generale del sistema della pena nel nostro paese secondo il proposito che è alla base della convocazione de “gli stati generali dei diritti dei detenuti” promosso dal Ministro della Giustizia.
Il contributo del progetto è di ordine metodologico, ovvero parte dalla specificità del singolo carcere e dalle voci di  chi lo abita. Parlando di “spazio della pena”. Un carcere come Sollicciano, nato per essere aperto, è in realtà la radicalizzazione del “carcere chiuso”.

“Gli spazi sono chiusi, inesistenti e stretti. Gli spazi in carcere non sono spazi, sono luoghi chiusi in realtà. Il primo spazio è sicuramente lo spazio della cella, molto ridotto. Un altro spazio sono i passaggi. Questi spazi sono più stretti della cella visto che prevede la presenza di tutti i detenuti della sezione interessata. I pochi fortunati che vanno a scuola percorrono i corridoi e vivono più spazi. Nella mia sezione siamo chiusi sempre tranne due ore d’aria al giorno. Non abbiamo nessuna possibilità di movimento. Se uno non ha il carattere forte è difficile andare avanti così.” (dalla voce di un detenuto)
 
Il progetto ha come capofila IN/ARCH (Istituto Nazionale di Architettura) con la collaborazione e il finanziamento  dell’ufficio del Garante per i diritti dei detenuti della Regione Toscana.
L’idea progettuale nasce da un gruppo di persone che a vario titolo hanno maturato esperienze in campo carcerario, della progettazione partecipata e della riqualificazione di spazi pubblici.

Viviana Ballini. Formatore, progettista e facilitatore in progetti partecipati per la riqualificazione di contesti urbani e in azioni di sviluppo locale.
Mario Spada. Architetto ed urbanista.
Luca Zevi. Architetto. Esperto in rivitalizzazione di centri storici e restauro di edifici antichi.

Hanno inoltre collaborato: il Provveditorato Regionale Toscano dell'Amministrazione Penitenziaria, la Direzione, gli educatori e il personale di polizia penitenziaria del carcere di Sollicciano, l’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti di Firenze.

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