17/12/2013 - Casa Burger Oberschmied a Monguelgo (BZ) dell'architetto Stefan Hitthaler si è appena aggiudicata il Premio Architettura Alto Adige 2013 nella categoria “Interiors”. Si tratta di un intervento di restauro di una casa centenaria che nel tempo è diventata “una presenza sicura, un pezzo marcato del paesaggio quotidiano, una tranquilla certezza. […] Essa è una entità in paese, un punto d’orientamento comune nei pensieri degli abitanti, un pezzo di tessuto urbano caratterizzato dalla sua normalità”.
Il restauro parte dalla conservazione rispettosa dell’immagine della casa: le murature perimetrali di pietre intonacate con quella tipica malta grezza e scabrosa sono pulite e ricucite in stile nei punti in cui il tempo è stato meno generoso, non alla ricerca di un antico splendore, ma con la coscienza di donare altri anni di vita a un manufatto che poggia la sua dignità nella continuità urbana.
I concetti progettuali principali si sviluppano qui, all’esterno. La casa diventa un unico volume, ripulito da superfetazioni incoerenti e polveri depositate dalle stagioni passate: il risultato inaspettato è l’immagine di una architettura contemporanea, quasi astratta nelle sue linee nette e pulite.
I due ingressi esistenti diventano simmetrici con l’aggiunta di un nuovo ingresso, ricavato dall’apertura fino al pavimento di una finestra anch’essa esistente. Sono elementi semplici e puri, disegnati e lasciati al loro stato primitivo di metallo grezzo giustapposto alla facciata: invecchieranno assieme, cambieranno ancora colore, si mescoleranno. Le finestre rimangono al loro posto: divise in sei quadri, immagini classiche di una tradizione corroborata, pulite da polveri e vernici esauste, ritrovano il loro primo colore rosso-arancione.
Anche la preesistenza si è adattata al nuovo stile di vita che la abita: per rispondere alle esigenze energetiche e assecondare i bisogni domestici, gli spazi interni sono disegnati all’interno di un nuovo involucro in legno, un volume nel volume. Si materializza, quindi, il dialogo fra i due corpi che trovano la loro sintesi nell’unità della casa: in tre lati, i due corti e quello a sud, le pareti in legno si addossano a quelle in pietra a formare un unico possente setto.
A nord, la parete più ricca poiché proiettata verso il centro del borgo, il setto in legno si smaterializza in una vetrata continua che prende una leggera distanza dalle pietre preesistenti; questo spazio metafisico è un luogo di pensiero, una galleria aperta al cielo e delimitata da un’eterea facciata trasparente interrotta solamente da porte-cornici sulle camere e dall’antico muro in pietra, scialbato in varie tonalità che ricordano i diversi colori dati alle stanze nelle vite precedenti e mantenuti in base alla loro resistenza al degrado e alla pulitura. Come un lungo quadro incorniciato dai serramenti antracite delle pareti vetrate, il lato interno della vecchia parete rilascia nella galleria e nelle stanze storie passate da mescolare alle storie presenti.
Il colore riscoperto dell’intonaco originale è la base che caratterizza tutti gli elementi della casa. Partendo da una tonalità molto simile a quella dell’esterno per il piano interrato, si arriva fino al sottotetto ad un “quasi-bianco”, assieme ad un crescendo della luce stessa che penetra la vecchia casa, dagli spazi bui della cantina all’esplosione di luce del soggiorno a doppia altezza, che diviene un oggetto unico, proiettato all’esterno attraverso le terrazze che lo delimitano sui lati corti. Queste sono ricavate per sottrazione dal volume della casa: profondi fori che penetrano fino alla galleria del primo piano, portando con loro pezzi di cielo. Il paesaggio invade la casa: le nuvole fanno da soffitto alla galleria, i profili delle dolomiti fanno da parete al soggiorno.
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