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MOSTRA ARCHITETTURA

“Baracche e baracchette”
Mostra di 20 sculture in legno realizzate da Michele De Lucchi
mostra  GALLERIA ANTONIA JANNONE, MILANO, dal 10/03/2015 al 04/04/2015
Per costruire una baracca è necessario pensare che si può fare solo a mano. Con le proprie o al massimo con quelle di qualche amico.  Bisogna dimenticarsi che esistono le imprese di costruzione, i sistemi di prefabbricazione, le trivelle per le palificazioni, le betoniere per il calcestruzzo. Bisogna mettersi l'anima in pace e incominciare a costruire. Con quello che si ha, con quello che si trova, con quello che capita per le mani.
 
Certo anche le imprese di costruzioni fanno baracche. Eccome se le fanno. Le fanno anche grandissime.  Ma una vera baracca da amare e di cui essere veramente orgogliosi bisogna farsela da sé. Non c'è verso.
 
Una baracca è difficile da progettare. Impossibile da prevedere in anticipo. Una baracca si fa e basta, senza disegni e senza programmi.  Altrimenti non viene. Diventa prevedibile. Troppo facile sapere le misure giuste e vedere che tutto combacia perfettamente! Si perde il senso della sfida. Il fascino dell'imprevedibile e l'emozione della sorpresa. Si perde soprattutto la tensione continua alla correzione, la presenza mentale costante, la reattività immediata. L'errore è fondamentale. Senza errori non c'è ricerca della perfezione. Non c'è soddisfazione al miglioramento, gratificazione per le vette scalate e i risultati ottenuti. Insomma, senza sbagliare non c'è niente da aggiustare. Non val neanche la pena impegnarsi troppo.
 
Una baracca ha una forma indefinibile. Difficile da descrivere. Non si racconta al telefono. Deperisce in fretta. Naturalizza facilmente e in poco tempo. Ha una grande personalità. Sempre. Assomiglia normalmente molto al suo proprietario. Ma non per presunzione, semplicemente per trasferimento di sensibilità. Le baracche sono sensibili, come i timidi. Magari non arrossiscono, ma crollano facilmente. Basta un sussulto, una crisi emotiva, e patatrac tutto precipita e non rimane in piedi niente. Le baracche sono fatte così. Strutture tremolanti,  geometrie sconquassate, composizioni approssimative.  Ma dettaglio, tanto dettaglio. Particolari studiati con cura, accuratezza nelle combinazioni dei materiali, sofisticazione cromatica. Più ci si avvicina più ricco diventa l'insieme, più sofisticati gli accostamenti, più geniale la risoluzione costruttiva.
 
Le baracchette poi sono ancora più straordinarie. Vanno osservate e trattate con estrema cura perché se possibile sono ancor più delicate. Dimostrano che i confini dell'umanizzazione del mondo sono ancora più lontani. Che la disinvoltura e la padronanza delle conoscenze non è mai abbastanza per raggiungere le vette della creazione inconscia. Che persiste sempre una pretesa razionalità operativa che manomette l'integrità etica e morale del fare emotivo. Le baracchette sono sensibilità allo stato puro, primordiale. Vanno guardate e osservate e trattate con estrema cura evitando di imporre la propria opinione e soprattutto evitando il giudizio estetico. Non possiamo pretendere di capire troppo, di perimetrare il pensiero ed emettere un giudizio che in ogni caso sarebbe arbitrario e personale. Accontentiamoci di essere uomini e di sorprenderci sempre che, ovunque arriviamo, nuove mete ci attendono.
 
Le mie baracche e baracchette sono fatte di legno. Tanti pezzetti di legno incollati insieme con pazienza.
È la colla la pazienza. Senza, le baracche non diventano baracche. Hanno i tetti piccoli piccoli o grandi grandi. Non ci sono vie di mezzo perché non esiste convenzionalità e regola compositiva. Le proporzioni sono casuali ma mai fuori luogo. Difficile riconoscere porte e finestre che del resto non sono necessarie a priori. In una vera baracca possono essere aperte o chiuse in ogni momento e in ogni posizione. Nulla è definitivo. Nulla è immutabile. Nulla è eterno.
Le baracche siamo noi.


Michele De Lucchi, 10 Novembre 2014
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